SEZIONE: TERRITORIO E SVILUPPO LOCALE
STATISTICHE

Nascite, morti e trasferimenti: come cambiano i Comuni italiani

15 Aprile 2019
 

Come cambiano i Comuni italiani? Ce lo racconta l'Istat, con uno strumento interattivo facilmente consultabile da tutti i cittadini, in cui combinando il numero di nascite con quello delle morti e quello di chi lascia il paese in cui è nato o decide di varvi ritorno, si può ricostruire la storia della popolazione di ogni Comune italiano negli ultimi anni. Al netto delle differenze regionali, ci sono alcune linee di tendenza che accomunano il Paese, da Nord a Sud.


Continua la crisi demografica
Per esempio, nel complesso in Italia nascono sempre meno bambini, rendendo così sempre più complicato affidarsi alla demografia per compensare una popolazione che invecchia. Nel 2018 sono morte 191mila persone in più di quante ne siano nate e la popolazione italiana è in calo, costante, dal 2015. A livello europeo l’Italia, con quasi il 12% degli oltre 512 milioni di abitanti dell’Ue, è oggi il quarto paese per importanza demografica dopo Germania, Francia e Regno Unito (dati 2017). Non si ferma la crescita degli indici di vecchiaia e di dipendenza che, al 1° gennaio 2018, raggiungono rispettivamente quota 168,9 (anziani ogni cento giovani) e 56,1 (persone in età non lavorativa ogni cento in età lavorativa). I valori più elevati dei due indici si registrano al Centro-nord.
In base alle stime 2018, è sostanzialmente stabile la speranza di vita alla nascita per entrambi i generi: 80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne. Si vive più a lungo al Nord. In ambito Ue l’Italia è al primo posto insieme a Svezia e Malta per i maschi e al quarto posto per le femmine dopo Spagna, Francia e Lussemburgo (dati 2016).
In Italia, il numero medio di figli per donna è pari a 1,32. L’età media della madre è di 31,9 anni, le più giovani risiedono nelle regioni del Mezzogiorno. Nella graduatoria europea, il nostro Paese si colloca all’ultimo posto per fecondità, insieme alla Spagna.


Gli stranieri sono oltre 5 milioni
All’inizio del 2018 risiedevano in Italia oltre 5 milioni di cittadini stranieri (97 mila in più rispetto al 2017), pari all’8,5% del totale dei residenti. Una incidenza più elevata della media Ue: ci precedono solo Regno Unito (9,2%), Spagna (9,5%) e Germania (11,2%). Alla stessa data sono regolarmente presenti poco meno di 4 milioni di stranieri non comunitari in possesso di valido documento di soggiorno o iscritti sul permesso di un familiare, valore sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente. Nel corso del 2017 i nuovi permessi rilasciati sono stati circa il 16% in più rispetto all’anno precedente (262.770 a fronte di 226.934 nel 2016) L’aumento dei nuovi ingressi ha riguardato soprattutto il Nord-ovest e il Mezzogiorno.
Il livello di istruzione degli stranieri è ancora inferiore a quello degli italiani. Nel 2018 tra le persone di 15-64 anni oltre la metà degli stranieri ha al massimo la licenza media (39,1% tra gli italiani), il 34,7% ha conseguito un diploma di scuola superiore (43,2% per gli italiani) e l’11,0% una laurea (tra gli italiani il 17,8%). 
   

Stabili i trasferimenti interregionali
Nel 2017 i trasferimenti interregionali sono stati 323mila, un valore tutto sommato stabile da diversi anni, mentre cala leggermente la tendenza a spostarsi dal sud verso il centro-nord del Paese. Si conferma però una perdita netta di popolazione del Mezzogiorno, dovuta ai trasferimenti tra le due ripartizioni, è pari a 1 milione 174 mila persone negli ultimi 20 anni.
Le undici regioni con saldo positivo appartengono tutte al centro-nord: Lombardia (+18 mila) e Emilia-Romagna (+13 mila) sono quelle con il guadagno netto di popolazione più consistente. Per la Lombardia si tratta del saldo positivo più alto registrato negli ultimi venti anni, per l’Emilia-Romagna invece il valore più elevato si è registrato nel 2001 (+21 mila). Le nove regioni con saldo negativo, invece, appartengono tutte al Mezzogiorno: Campania (-16 mila) e Sicilia (-15 mila) insieme rappresentano oltre il 56% della perdita di popolazione, circa 54 mila unità, nella ripartizione meridionale. La più intensa mobilità sulle brevi distanze nell’Italia centro-settentrionale, d’altra parte, è dovuta in larga parte a un maggior dinamismo delle strutture produttive che invece non sembra aver toccato le aree del Mezzogiorno.
A sé. chiaramente, la storia di ogni Comune: Milano per esempio attrae persone sia dal resto d’Italia che, in misura minore, dall’estero, e questo basta ampiamente a bilanciare sia il fatto che nascono meno persone di quante ne muoiano, sia che un certo numero di milanesi comunque lascia la città. Il risultato totale, per il centro lombardo, è positivo: dal 2012 i suoi residenti sono cresciuti di circa il 10%. (VV)

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