Avanza anche in Italia, progressivamente, lo smart working, ovvero la possibilità di operare flessibilmente, slegati da un luogo fisico ma gestendo in piena autonomia il proprio tempo libero e professionale. Non un telelavoro, quindi, ma una nuova filosofia manageriale, che consiste nella libertà di svolgere il proprio compito decidendo il come e il dove, con una maggiore responsabilizzazione sui risultati. E piace sempre di più, ma non alla Pubblica Amministrazione, dove fa fatica a decollare.
Lo rivela lo studio “Lo Smart Working in Italia”, redatto dal Politecnico di Milano (PoliMi), su 206 grandi aziende interpellate: risulta che il 36% ha già avviato iniziative strutturate in tal senso, e il 9% prevede d’introdurne. Il 47% del campione ha scelto il solo lavoro da remoto per quattro giornate al mese nel 43% dei casi, nel 22% otto e nell’11% senza limiti di tempo. Un altro 47% di interpellati ha optato invece per il lavoro da remoto e il ripensamento degli spazi lavorativi, mentre il restante 6% per il solo ripensamento degli spazi.
Per chi ha scelto lo smart working, i vantaggi sono indiscutibili e li evidenzia Massimo Palermo, Country Manager di Avaya, azienda membro dell’Osservatorio SmartWorking del PoliMi. “I vantaggi sono di immediata comprensione: si va dall’employer branding all’ottimizzazione degli spazi, dalla valorizzazione dei talenti allo sviluppo delle competenze digitali, con un aumento della produttività del 15%”.
Uno sviluppo a tre velocità
Le grandi imprese non stanno perdendo tempo, dunque. Ma lo stesso non si può dire delle Pmi e della Pubblica Amministrazione: qui manca la convinzione che il luogo fisico non conti più e prevale la logica del controllo sul lavoratore. Dai dati prodotti dal PoliMi su un campione di 279 Pubbliche Amministrazioni, emerge che solo le PA di grandi dimensioni hanno avviato in fase di sperimentazione alcuni progetti ma con un numero limitato di persone coinvolte. Il 3% dichiara di non conoscere il fenomeno, tra chi ipotizza d’introdurlo in futuro e quanti sono incerti, lo smart working è assente nell’80% di enti pubblici, e solo il 5% ha già avviato iniziative strutturate. (VV)