E' la Lombardia la regione che ospita il maggior numero di incubatori di impresa, il 25,3% del totale, seguita dalla Toscana (9,9%) e dall’Emilia Romagna (9,3%). Con questo termine si intendono sia le realtà imprenditoriali in senso stretto, sia acceleratori e spazi di coworking che offrono accompagnamento manageriale e/o formazione imprenditoriale. Nel Centro Italia è presente il 20% delle realtà, mentre l’area meridionale e insulare si ferma al 17,9%. Analizzandone la natura giuridica, si scopre che più del 60% degli incubatori ha natura privata e solo il 15,4% pubblica. Circa un quinto degli incubatori possiede invece una compagine sociale che include soggetti sia pubblici che privati.
Sono i dati che emergono dalla analisi sull’innovazione e sull’imprenditorialità sociale sviluppata dal team di ricerca Social innovation monitor (Sim) del Politecnico di Torino, in collaborazione con Italia Startup e con il supporto di Cariplo Factory, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Make a Cube³, SocialFare e Social innovation teams (Sit ).
Paolo Landoni del Politecnico di Torino, coordinatore della ricerca, commenta: “Gli incubatori italiani stanno crescendo e diversificando sia in termini di settori sia in termini di modelli di business. Particolarmente interessante è la scelta di un numero crescente di incubatori di focalizzarsi su imprese a significativo impatto sociale. Una specializzazione su questa tipologia di imprese e di incubatori potrebbe essere un elemento efficace di differenziazione per il nostro Paese”. Analizzando i settori di appartenenza di queste organizzazioni, quello più rappresentato è legato alla cultura, alle arti e all’artigianato (20%), mentre al secondo posto si trova il settore che include le organizzazioni legate alla salute e al benessere (18%) e al terzo quello delle realtà dedicate alla protezione ambientale (14%). (VV)