SEZIONE: SICUREZZA E LEGALITA'
Trasparenza

Freedom of information act dall’origine alla sua applicazione

21 Febbraio 2017
 

A giugno 2015 ci occupammo del disegno di legge che intendeva introdurre nell’ordinamento italiano il Freedom of information act, meglio noto come Foia. L’argomento è rimasto sempre sotteso a tutti gli altri interventi (articoli, convegni e seminari) che si sono occupati di anticorruzione e trasparenza. Fino a giugno del 2016, quando il Foia, introdotto dal decreto n. 97 è entrato in vigore il 23 giugno. Considerata l’attualità e l’importanza del tema vi riproponiamo i due articoli sull’argomento apparsi nei numeri di giugno 2015 e 2016 sulla rivista. Nel primo, Matteo Moi del gruppo di lavoro sulla legalità di ReteComuni spiega come viene applicato il Foia negli Usa e quali differenze con il sistema italiano. Nel Secondo, Andrea Ferrarini responsabile del gruppo di lavoro sulla legalità, offre un primo commento al decreto sul Foia con riferimento alle altre norme relative alla trasparenza.
 

Pubblica amministrazione e trasparenza: siamo a una svolta?

Fare della trasparenza una politica organica e strategica”. Con questo obiettivo Il ministro della Pubblica Amministrazione e della Semplificazione Marianna Madia intende introdurre il Foia - acronimo di Freedom of Information Act - nel disegno di legge sulla PA: il provvedimento darebbe ai cittadini la possibilità di accedere agli atti e ai documenti prodotti dagli uffici pubblici. Gli scandali recenti che hanno interessato il comune di Roma, ma anche le decine di esempi che - ahinoi - vengono alla mente di ognuno in materia di spreco o dubbio impiego di denaro pubblico, potrebbero presto quindi venire inquadrati sotto una luce completamente diversa. E innovativa. II Foia andrebbe inserito nel disegno di legge già approvato in Senato e in via di discussione alla Camera: si tratta di una legge americana del 1967, che ha istituito il diritto di accesso alle informazioni di qualsiasi agenzia federale. In sostanza, le agenzie sono tenute a comunicare le informazioni a loro richieste dai cittadini, a meno che non rientrino in una delle nove esenzioni che proteggono interessi come la privacy personale e la sicurezza nazionale. Inoltre, il Foia richiede alle agenzie di pubblicare on-line in modo proattivo determinate categorie di informazioni. E i cittadini possono anche chiedere informazioni su documenti di cui solo presumono l’esistenza. Per quanto già da tempo il premier Renzi avesse ventilato la possibilità di introdurlo in Italia - il Foia è una realtà in più di 100 paesi nel mondo - di fatto per noi rappresenterebbe una novità assoluta. E in qualche modo, un provvedimento rivoluzionario. Strategie Amministrative ha chiesto a Matteo Moi, esperto legge n. 231 e referente per la trasparenza del gruppo di lavoro sulla legge 190 di Rete Comuni, un parere sulla possibilità che la sua introduzione incida sulla trasparenza della pubblica amministrazione italiana: “Il Foia spinge a definire modelli organizzativi in grado di rispondere a qualunque, imprevedibile, richiesta di informazione dei cittadini. Il diritto di accesso previsto dal Foia è infatti più ampio rispetto all’accesso civico introdotto nel 2013 in Italia. Mentre l’accesso civico italiano dà diritto a chiunque di avere accesso e libera consultazione alle informazioni che l’Amministrazione ha l’obbligo di pubblicare, il Foia permette a chiunque di richiedere qualunque informazione non disponibile on line”. Il legislatore, insomma, al momento definisce a priori le informazioni a cui il cittadino può avere accesso, mentre in questo caso la libertà di azione e di “domanda” si amplierebbe notevolmente. Tuttavia, non è quanto accade negli Usa: “Chiunque, americano o no, può inviare una richiesta all'Ufficio Foia di un’agenzia per ottenere una qualsiasi informazione non disponibile on-line. Non esiste un formato specifico da utilizzare, la richiesta deve solo essere in forma scritta e descrivere le informazioni desiderate. Le richieste vengono trattate in ordine di ricezione. Il tempo di risposta a una richiesta varia a seconda della sua complessità e dalla coda in corso e in alcuni casi, il Foia può prevedere dei costi a carico del richiedente”, spiega Moi. Ma il vero e più discusso nodo è quali siano i risultati ottenuti e quindi, quali le reali potenzialità in termini di un più proficuo e trasparente dialogo tra cittadini e pubblica amministrazione. Prosegue Moi: “I risultati dipendono dagli obiettivi e da come si misurano. Spesso si parla del Foia - lo ha fatto anche il presidente Obama - come di uno strumento per rafforzare la democrazia, ma le sue finalità possono essere correlate anche all’anticorruzione, alla soddisfazione del cittadino che consegue a una maggiore fiducia nelle istituzioni, a un generale incremento della collaborazione tra cittadini e pubblica amministrazione”. Quindi, di fatto, sono ancora tutti da dimostrare. Ma se è vero quanto sosteneva il giudice della Corte Suprema americana Damon Keith, che “la democrazia muore dietro le porte chiuse della Pubblica Amministrazione”, è comunque arrivato il momento di mettere i funzionari pubblici di fronte alla responsabilità di quanto scrivono e decidono. E alla consapevolezza che nulla di quanto fanno può essere segreto o secretato, in nome della ragion di Stato o, come accade sempre più spesso, di un consolidato malcostume all’italiana.

 

I cittadini hanno diritto a una risposta entro 30 giorni

Quando abbiamo interpellato Andrea Ferrarini, esperto di Anci Lombardia in tema di anticorruzione e trasparenza, per parlare di Freedom of information act (Foia), il decreto che lo introduceva non era ancora stato pubblicato. A oggi sappiamo non solo i dati di pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 132 dell’8 giugno 2016), gli estremi del decreto (decreto legislativo n. 97 del 25 maggio 2016, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), ma anche la sua entrata in vigore: 23 giugno 2016. È ormai noto che il Foia prende spunto dalla legge americana del 1966 e dai sistemi anglosassoni in genere che introducono il diritto dei cittadini ad accedere a dati, informazioni e documenti in possesso della Pubblica Amministrazione. In realtà, il primo Foia risale a 250 anni fa, quando fu introdotto, nel 1766, in Svezia. Come spesso accade, tuttavia, l’introduzione di strumenti diffusi in altri Paesi si scontra con la tipicità italiana. “In effetti”, ci dice Ferrarini, “il Foia italiano deve fare i conti con la preesistenza di diritti di accesso disciplinati dalla legge n.241 del 1990 e dal d.lgs. n. 33/2013 che il nuovo decreto modifica, aggiungendo una nuova fattispecie. Forse si poteva semplificare il tutto provvedendo alla totale abrogazione di queste norme, alla luce della generalità del diritto di accesso sancito dal Foia, ma avrebbe significato buttare a mare un ampio lavoro, soprattutto sul fronte dell’obbligo di pubblicazione di documenti amministrativi sancito dal decreto 33”.
Facciamo dunque il punto. Abbiamo un triplice diritto di accesso?
Più precisamente abbiamo due tipologie di diritto di accesso, di cui una duplice. La prima tipologia ci viene dalla legge 241 del ’90 che sancisce il diritto del cittadino ad accedere a dati e documenti a patto che egli abbia un interesse concreto, diretto e attuale al loro contenuto. In altri termini, laddove esiste un interesse legittimo personale, il cittadino può presentare istanza per accedere a dati e documenti. Fermo restando questo diritto, è poi intervenuta la legge n. 190 del 2012 che fa della trasparenza un importante strumento di anticorruzione.
Come si caratterizza questo legame tra anticorruzione e trasparenza?
Punto di partenza è la formula di Robert Klitgaard, professore di economia ed esperto di corruzione. Nella sua applicazione al mondo della Pubblica amministrazione la formula è C=M+D-A. Il rischio di corruzione di un sistema (C) cresce all’aumentare dei monopoli, quando cioè la P.A. gestisce beni e servizi in assenza di concorrenza, e della discrezionalità (D), cioè dei margini decisionali della P.A.) e diminuisce in presenza di una maggiore accountability (A), quando cioè la P.A. deve rendere conto del proprio operato. Maggiore è l’accountability, in altre parole maggiore è la trasparenza, quindi il diritto di accesso a dati, informazioni e documenti, minore il rischio di corruzione. Da qui nasce il decreto n. 33 del 2013 che introduce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare un’ampia serie di dati e informazioni, disponibili liberamente al cittadino. E da quest’obbligo scaturisce il diritto di accesso civico del cittadino che può richiedere al responsabile della trasparenza di vedere pubblicato un certo dato. Spetterà al responsabile verificare se quel dato rientra fra quelli sottoposti a obbligo di pubblicazione o meno. Si tratta di un diritto di accesso passivo.
Come si inserisce il Foia in questo quadro?
Il Foia introduce una nuova fattispecie. Al diritto personale ex lege 241 e al diritto di accesso civico passivo si aggiunge il diritto generico e generalizzato di accedere a tutte le informazioni, dati e documenti, della P.A., fatti salvi i dati sensibili, per esempio quelli relativi alla salute, e i dati che riguardano la sicurezza dello Stato. Il decreto n. 97 va a modificare il n. 33, lasciando l’obbligo di pubblicazione di una serie di dati e dando la possibilità al cittadino di chiedere qualunque dato. Viene così introdotto un diritto di accesso attivo.
Quali sono le conseguenze di questa disciplina ampliata?
Il procedimento amministrativo correlato al diritto di accesso si complica. Nel caso, per esempio, della precedente disciplina del decreto n. 33, il cittadino rivolgeva la sua istanza al responsabile della trasparenza o anticorruzione, che il nuovo decreto ha unificato, che provvedeva alle verifiche del caso, cioè se il dato era o meno soggetto all’obbligo di pubblicazione e se soggetto e non pubblicato provvedeva a pubblicarlo o in caso contrario, cioè non soggetto a obbligo, rigettava l’istanza. Nel caso invece del nuovo diritto di accesso, il cittadino può rivolgersi all’Urp, all’ufficio che detiene il dato o all’ufficio protocollo. Sarà poi l’ufficio che detiene il dato a procedere. In questo caso, tuttavia, l’ufficio dovrà contattare i contro interessati, cioè i soggetti che possano essere interessati a che il dato non venga divulgato. L’ufficio ha 30 giorni per evadere la richiesta e i contro interessati 10 giorni per far avere le loro indicazioni. Alla fine di questa fase, l’ufficio può decidere se accogliere o meno la richiesta. Nel caso la rigetti, il cittadino può fare ricorso al responsabile della trasparenza e in caso di rigetto anche di questi può proseguire chiamando in causa il difensore civico e successivamente il giudice di pace e il Tar. Si comprende quindi che nel caso di diritto di accesso attivo il procedimento si fa più complesso e può generare contenzioso.
Quali altre conseguenze?
Possono essere molteplici. Cosa accade per esempio se il cittadino sbaglia? Cioè se invia un’istanza a un ufficio o a un altro? Se crede che ci sia l’obbligo di pubblicazione e quindi interpella il responsabile della trasparenza? L’ufficio che riceve la richiesta deve supportare il cittadino, indicandogli le diverse forme di istanza. Inoltre si può ingenerare confusione tra il diritto disciplinato dalla legge n. 241 e dal nuovo decreto. In entrambi i casi il cittadino ha diritto ad accedere a un certo documento: ma come si qualifica l’accesso? Personale o generico? Spetta all’ufficio qualificare la domanda, se non lo fa il cittadino. L’introduzione del Foia è di certo un passo in avanti nella libertà di informazione, ma ha un impatto organizzativo consistente sulle pubbliche amministrazioni, soprattutto sui Comuni. “Saranno necessarie procedure interne chiare per la presa in carico e la gestione delle richieste e dovranno essere regolati con altrettanta chiarezza i rapporti fra i diversi uffici che possono essere coinvolti”. Anci Lombardia si prepara ad approfondire il tema e a trovare i percorsi migliori per supportare i Comuni che, a loro volta, dovranno supportare i cittadini.

(SM E VV)

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