SEZIONE: CULTURA, TURISMO E TRADIZIONI LOCALI

Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti

9 Ottobre 2015
 
Proseguono i lavori del Progetto Agenda 190 avviato da Anci Lombardia, grazie a un cofinanziamento di Fondazione Cariplo, al fine di supportare i Comuni lombardi nella prevenzione della corruzione attraverso attività di ricerca, formazione, sensibilizzazione, predisposizione di linee guida operative per i piccoli Comuni. L’argomento è sempre di attualità, come purtroppo taluni fatti di cronaca di fine settembre-inizio ottobre testimoniano. Parallelamente, attorno a eventi futuri, come per esempio il Giubileo, è sempre acceso il dibattito su come evitare attività e comportamenti illeciti.
È un’attualità che affonda le sue radici in tempi lontani. Non vogliamo fare una cronistoria da Tangentopoli ai giorni nostri, ma alla vigilia di questi decenni un grande scrittore italiano aveva scritto l’ Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti. L’autore è Italo Calvino (scomparso 30 anni fa a settembre) e l’Apologo è datato 1980. Abbiamo così costruito una sorta di intervista postuma a Calvino, prendendo le risposte proprio dall’Apologo.
Come avviene che un paese si regga sull’illecito?
Quando un sistema politico, benché basato su principi condivisi, si articola su un gran numero di centri di potere ha bisogno di mezzi finanziari smisurati. Mezzi che si possono ottenere solo illecitamente, cioè chiedendoli a chi li ha in cambio di favori illeciti. E chi versa i soldi in cambio di favori ha accumulato questa ricchezza grazie a favori fatti in precedenza. Si crea così un sistema economico circolare, non privo di una sua armonia.
Ma un’attività illecita non è moralmente esecrabile da chiunque?
Ogni centro di potere ha una propria morale interna, per cui ciò che viene fatto nell’interesse del gruppo è lecito, addirittura benemerito, perché ogni gruppo identifica il proprio potere con il bene comune. D’altra parte è vero che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui. Questo passaggio potrebbe essere visto come un illecito anche nell’ambito della morale di cui si diceva. Tuttavia, la tangente individuale sulla tangente collettiva non è un’azione illecita quando il privato è sicuro di aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo. Si viene così a formare una “cultura della corruzione”, caratterizzata dalla costituzione di un sistema in cui moltissime persone possono trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Quanto costa tutto questo al Paese? Quali sono le conseguenze della corruzione?
A questo sistema fondato sull’illecito si accompagna un dispendioso bilancio dello Stato, alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e che serve per finanziare tutti coloro che lecitamente o illecitamente riescono a farsi finanziare. La finanza pubblica serve spesso per integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune si sono distinte per via illecita. Nel pagare le tasse il cittadino ha la sgradevole sensazione di una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta. Altra conseguenza è il proliferare di attività malavitose e la connessione con esse.
In un paese come quello che ha descritto, dove sembrano essere venuti meno i grandi principi cui richiamarsi, come quelli patriottici, sociali e religiosi, possono ancora esistere delle persone oneste?
Esistono e costituiscono una numerosa categoria di cittadini cui non si sa quale ruolo attribuire. E se anche non hanno grandi principi su cui fondare la loro onestà, questi cittadini sono onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale o se volete per tic nervoso. Per queste persone valgono ancora meccanismi che oggi appaiono obsoleti e che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione degli altri.
Questi cittadini onesti possono cambiare lo status quo?
Non è facile. Gli onesti sono i soli a farsi degli scrupoli, ma sanno bene che fare ad altri la morale, indignarsi, predicare le virtù sono azioni che trovano facilmente l’approvazione di tutti, anche di coloro che sono in malafede. Inoltre, gli onesti non sono attratti dal potere e hanno perso la speranza in una società migliore perché sanno che il peggio è sempre più probabile.
Ma allora, secondo lei, gli onesti sono condannati all’estinzione?
In realtà no. In margine a tutte le società, durante millenni, si è perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non ha mai avuto nessuna pretesa di diventare la società, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati. Allo stesso modo, la controsocietà degli onesti forse potrebbe riuscire a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto,  e a questo modo magari potrebbe finire per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.
Tratto da Romanzi e racconti – volume 3°, Racconti e apologhi sparsi, i Meridiani, Arnoldo Mondadori editore. Uscito su la Repubblica, 15 marzo 1980, col titolo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti".
A cura di Andrea Ferrarini, coordinatore Agenda 190, e Sergio Madonini
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