Recentemente è stato pubblicato il saggio “Adulti emergenti, tra navigazione a vista, partecipazione a progetti in ambito locale e costruzione del proprio futuro”, raccolto nella rivista “Welfare e ergonomia”.
Ne parliamo con Simona Guglielmi, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell'Università degli Studi di Milano, coautrice dell’articolo e responsabile del progetto MAYBE (“Moving into Adulthood in uncertain times: Youth Beliefs, future Expectations, and life choices between changing social values and local policy initiatives“).
Nell’articolo appena pubblicato si parla di adultità emergente, ma cosa si intende?
L’articolo, scritto con Arianna Piacentini, Giuliana Parente, Maria Tullia Galanti, si concentra sulla fascia di popolazione che è stata efficacemente definita con il termine «adulti emergenti». Secondo tale approccio i giovani tra i 18 e 25 anni nelle società contemporanee non sono né adolescenti né adulti. Essi attraversano un periodo di esplorazione in cui, attraverso le esperienze più disparate, sperimentano, fanno chiarezza su chi sono e chi vogliono essere.
I dati da dove provengono?
L’analisi empirica si basa su dati sono stati raccolti nel corso del progetto “MAYBE” finanziato da Fondazione Cariplo e avviato nel marzo 2022.
Il progetto ha approfondito, anche grazie alla collaborazione con AnciLab, alcune iniziative rivolte ai giovani da alcuni Comuni lombardi.
Qual è il messaggio principale del vostro articolo?
La tesi generale che si sostiene nell’articolo è che i significati attribuiti a tale fase e le possibilità stesse di sperimentarla possano essere influenzate, oltre che dalle disuguaglianze di classe e capitale culturale, anche dal fatto di vivere in territori più o meno “accoglienti” nei confronti delle esigenze dei più giovani.
Quali sono i principali risultati?
I dati della survey nelle scuole lombarde hanno evidenziato come il vivere o meno in un territorio “a misura di giovani” possa riflettersi, in maniera particolarmente accentuata, su tre specifiche dimensioni della “adultità emergente”: Identity Exploration, Possibilities, Self Focused. Le interviste qualitative hanno consentito di far luce su alcuni processi sottostanti l’emergere di questa relazione e, quindi, comprendere in che modo le politiche per i giovani possono rappresentare una opportunità di crescita o uno stimolo nel percorso di costruzione del proprio futuro. Dalle ricostruzioni dell’esperienza di partecipazione in progetti a livello locale, emerge in particolare la loro importanza nel generare e rafforzare circuiti virtuosi di responsabilità, autonomia e fiducia. Ad esempio gli studenti e le studentesse intervistate che dichiarano di vivere in un territorio ritenuto del tutto privo di opportunità/risorse per i giovani ha minori probabilità - rispetto a chi vive in un territorio che offre attività per il tempo libero, opportunità di lavoro e figure di sostegno - di dichiarare che la fase tra i 16 e i 21 anni sia un momento della vita in cui può “concentrarsi su sé stesso” (27,1% vs. 45,1%), “scoprire chi è veramente” (35% vs. 45,1%) e ritenere che “tutto sia ancora possibile” (48% vs. 64%).
Qual è l’importanza di questi risultati per le politiche giovanili?
La variabilità geografica dei modi e tempi di transizione all’età adulta in Italia è un aspetto ben noto in letteratura. Questa variabilità è solitamente spiegata dal divario tra Nord e Sud nelle opportunità economiche e nei diversi modelli di relazioni familiari e legami intergenerazionali. Resta in gran parte inesplorato, invece, il ruolo giocato dai servizi e progetti per i giovani finanziati a livello locale.
Il tema è particolarmente rilevante in Italia, dove le politiche locali per i più giovani costituiscono un mosaico di interventi eterogenei e scarsamente coordinati, accumunati dalla cifra della “frammentazione”. Tuttavia, la nostra e altre ricerche mostrano che sono potenzialmente in grado di apportare cambiamenti comportamentali e di empowerment, che possono influenzare le scelte di vita.
L’articolo è disponibile a questo link.