Riportiamo di seguito il testo integrale del discorso che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rivolto alla platea dell'Assemblea Anci, in programma a Bergamo.
Rivolgo un saluto molto cordiale a tutti i presenti, ai Vicepresidenti del Senato e della Camera, al Ministro per le Regioni e le Autonomie.
Rivolgo un saluto, e ringrazio per le parole di accoglienza, il Presidente della Regione Fontana, il Sindaco della città che ci ospita, Gori, il Presidente della Provincia, Gandolfi, il Presidente dell’ANCI Lombardia, Guerra, il Presidente del Consiglio Nazionale, Bianco, e Antonio Decaro, Presidente, ringraziandolo molto per la sua relazione che ha trovato tanto consenso. Grazie Presidente!
Ma il saluto intenso va naturalmente a tutti voi, donne e uomini impegnati nel compito di amministrare i nostri Comuni, che qui rappresentate: i Comuni d’Italia. Un saluto cordiale e un ringraziamento a tutti voi.
Riannodo volentieri i fili di un dialogo che, in realtà , immaginavo, fosse concluso l’anno passato a Parma.
Volentieri riprendo questo dialogo perché i Comuni - e lo attesta la nostra storia millenaria - sono l’Italia.
Sono la Repubblica, come recita l’art.114 della nostra Costituzione.
I quasi novemila Comuni italiani si dedicano, con dignità identica e con impegno, alla responsabilità di sostenere le nostre comunità, offrendo servizi di carattere universale.
La Costituzione sancisce il principio di uguaglianza per i cittadini e, naturalmente, vale per i Comuni, che devono essere posti tutti in condizione di adempiere ai compiti loro affidati, per poter concorrere a realizzare il principio costituzionale della pari dignità dei cittadini.
Per tutti i nostri concittadini, saluto particolarmente quelli di Bergamo.
Città, ripeto anch’io, bellissima, che la storia ha visto affermarsi e che la sua comunità mantiene viva e dinamica, inserita in un tessuto di attività e di relazioni, così sviluppate sul piano economico, sociale, civile e culturale.
La terra che ha fatto dell’intraprendenza e della solidarietà un suo segno distintivo.
Città chiamata a essere, con Brescia, Capitale della cultura.
Apprezzo molto la scelta dell’Anci di tenere l’assemblea annuale in questa città, una dei luoghi più colpiti dalla pandemia.
Come ha detto il Presidente Decaro, resteranno scolpite nelle nostre menti le immagini terribili dei camion militari che portano via i feretri di tante persone morte a causa del virus.
Non le dimenticheremo.
Rappresentano un monito permanente.
Un appello severo e non effimero alla responsabilità.
Celebrare qui l’assemblea dell’Anci vuol dire anche consapevolezza delle lezioni derivanti dalla pandemia.
Questa ha dimostrato che società e istituzioni possono vincere soltanto nella chiarezza di obiettivi e valori comuni.
I Comuni sono stati fondamentali strumenti e raccordi in quest’impresa che ha saputo innalzare la soglia della protezione sociale.
La comunità degli amministratori locali, Sindaci, Assessori, Consiglieri - di maggioranza e di opposizione - con passione e abnegazione si è occupata del bene comune dei nostri concittadini.
Anche per questo desidero, ancora una volta qui, in questa occasione, esprimere la riconoscenza del Paese.
Stato, Regioni, Comuni, Province, hanno saputo fare squadra durante la pandemia, affermando l’unità della Repubblica, con una mirabile capacità di ricomposizione e di intesa nella conduzione dell’emergenza, nell’affrontare l’emergenza.
Ci siamo resi conto, con gratitudine, del ruolo della scienza. Abbiamo compreso che serve una sanità più attenta ai territori, servizi di cura più vicini alla persona, assistenza più aderente ai bisogni delle famiglie, soprattutto delle più svantaggiate e in difficoltà.
Anche per queste correzioni di rotta il contributo di esperienza, di indicazioni, di impegno dei Comuni è prezioso.
Il tempo della pandemia ci ha anche restituito un’Europa che, con le sue istituzioni, ha saputo essere di grande aiuto alle persone e alle imprese. Sono state compiute scelte coraggiose, di chiaro segno comunitario, rimuovendo indirizzi inadeguati seguiti nelle crisi finanziarie dei primi anni Duemila.
Quel che si riteneva impraticabile, è stato, invece, deciso, con coraggio.
Oggi, accanto ai non facili problemi che restano davanti noi, abbiamo possibilità inedite di intraprendere percorsi di sviluppo, e di unire obiettivi ambientali, di transizione nei modelli produttivi, con le politiche di equità sociale.
I Comuni italiani sanno che dipende anche da loro consolidare queste scelte, proseguendo nei percorsi positivi, poc’anzi ricordati e rivendicati dal Presidente Decaro.
Il modo con il quale sapremo utilizzare e mettere a frutto le risorse rese disponibili dall’Unione europea condizionerà una parte del futuro, non soltanto del Paese, ma dell’intero continente.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilianza è un appuntamento che l’Italia non può eludere.
Abbiamo l’opportunità di colmare ritardi strutturali, per rafforzare strategie di sviluppo sostenibile, per ammodernare la pubblica amministrazione, per allungare il passo nell’innovazione, per potenziare il welfare.
C’è la possibilità per il nostro Paese di ridurre i propri squilibri interni, di stare al passo con i tempi, anzi di accelerare nelle transizioni ecologica e digitale.
I Comuni hanno una funzione strategica.
Il lavoro che possono condurre con le altre istituzioni locali può contribuire a ridurre i divari, le distanze, a sollecitare i progressi.
Occorre ridurre le distanze tra centro e periferie metropolitane.
I divari tra chi gode di determinati servizi e chi invece li raggiunge a fatica e solo in parte.
Diminuire le distanze nella possibilità di esercizio dei diritti: perché oggi, tuttora, tra realtà urbane e aree interne, tra centri di grande collegamento, comunità montane e realtà insulari, non sempre i diritti e i servizi riescono ad essere assicurati in maniera eguale.
La coesione del Paese passa anche e, vorrei dire, soprattutto, dai Comuni.
Sono compiti di straordinario rilievo che richiedono un impegno condiviso e solidale.
Sussidiarietà, infatti, non significa scaricare le difficoltà sull’anello istituzionale più a diretto contatto con i cittadini ma piuttosto sostenerlo.
Significa partecipazione. Condivisione e dialogo tra i vari livelli di governo.
Così si affrontano e si risolvono i problemi.
Non possiamo permetterci ritardi.
I problemi vanno individuati e risolti.
Le procedure, dove necessario, adeguate.
Non per definire scorciatoie ma per elevare la qualità dei percorsi amministrativi.
Si tratta di un obiettivo di alto valore nazionale.
I Comuni italiani trovano nell’Unione Europea uno spazio vitale per lo sviluppo delle comunità loro affidate, un luogo di scambio e confronto prezioso.
Le autonomie locali sono state riconosciute come un valore sin dal 1957 con l’istituzione della Conferenza permanente dei poteri regionali e locali per iniziativa del Consiglio d’Europa.
Adesso, il Comitato Europeo delle Regioni, che raccoglie rappresentanze degli eletti di città e regioni dei 27 Paesi membri, costituisce un organo consultivo importante che esprime pareri obbligatori alla Commissione, al Consiglio Europeo e allo stesso Parlamento di Strasburgo.
Dunque, le autonomie sono protagoniste nel processo democratico che innerva e irrobustisce il percorso dell’unità europea.
Oggi una guerra nella nostra Europa, provocata dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina, sta facendo ripiombare tutti nel timore di un incubo che pensavamo non potesse più ripresentarsi.
Una guerra contrassegnata da atroci crudeltà e, in questi giorni, dal disegno di tenere milioni di persone al buio e al freddo d’inverno.
Di fronte a questi misfatti l’Unione Europea ha reagito con compattezza, insieme alla comunità internazionale, assicurando solidarietà all’Ucraina e alla sua resistenza.
Una reazione importante, che ha come orizzonte la costruzione di una pace giusta e necessaria, capace di restituire a quel Paese la piena indipendenza violata.
Abbiamo sentito che saranno presto qui con voi i sindaci di Kiev, di Leopoli, di Bucha.
Sono i benvenuti!
L’invito che avete rivolto loro è una conferma dei sentimenti di umanità e di vicinanza che si trovano nell’animo degli italiani.
Sentimenti che si sono espressi in questi mesi nell’accoglienza di migliaia di profughi e nella fraternità dimostrata in tante città e in tanti borghi.
La diplomazia dei Comuni ha un valore profondo, perché si basa sulla vita quotidiana delle persone, e spinge lo sguardo verso orizzonti e prospettive che oltrepassano un preteso realismo politico dietro il quale, sovente, si cela un opaco cinismo.
Vorrei ricordare anch’io, come ha fatto il Presidente della Provincia poc’anzi, come profeta e testimone di quel che i Comuni possono fare per la pace è stato un grande italiano, un grande sindaco del dopoguerra, Giorgio La Pira.
Nella sua visione, le città, anche attraverso lo strumento dei gemellaggi – importanti quelli anunziati poc’anzi dal Presidente Decaro con le città dell’Ucraina - sono le interpreti più tenaci, più coraggiose, della pace possibile.
È un’opera mai conclusa quella di costruirla ed è una delle espressioni più autentiche dei sentimenti dei nostri concittadini.
Valore irrinunciabile, insieme alla libertà, come emerge sempre più in questi mesi che vedono, oltre alla guerra in Ucraina, la distruzione delle attese di libertà degli afghani e la coraggiosa lotta delle donne e dei giovani dell’Iran per la libertà, i diritti, i valori dell’umanità.
Il titolo che avete scelto per questa Assemblea “La voce del Paese”, suona impegnativo anche in questo senso.
Suona consapevole assunzione di responsabilità.
Non è facile raccordare fra loro rappresentanza delle attese locali e interessi nazionali.
Eppure è nella missione dei Sindaci essere portatori degli interessi generali del Paese. Occorre rifuggire la tentazione della chiusura nel ristretto orizzonte del proprio “particulare”.
Non si farebbe neppure il bene della propria comunità immaginarlo contrapposto a quello delle comunità vicine o, addirittura, a quello della più ampia comunità nazionale.
Le funzioni degli amministratori locali sono spesso ostacolate dalla complessità. Lo abbiamo ascoltato poc’anzi.
Sono sfidate anche dalla criminalità.
Penso alle intimidazioni e alle minacce che gravano talvolta sul loro compito.
A loro tocca essere il presidio di legalità più prossimo ai cittadini.
Dalla loro personale integrità passa tanta parte della credibilità delle istituzioni.
La legalità è presidio del bene comune.
Esprimo la piena solidarietà e la vicinanza della Repubblica a quanti sono sotto attacco e a quanti sono stati bersaglio su questo fronte.
La funzione dei Sindaci va tutelata e considero meritevole di ogni attenzione l’impegno che da tempo l’Anci conduce per definire con più coerenza lo status giuridico degli amministratori e per definire, con precisione, i confini delle loro responsabilità.
Sarebbe una sconfitta per la democrazia se si facesse strada l’idea che l’esercizio delle funzioni di Sindaco, oltre a essere faticoso, è così gravato da rischi da giungere quasi all’impraticabilità.
I Comuni, le Province, le amministrazioni degli enti locali devono trovarsi nella condizione di poter operare.
Il mio augurio è che la “voce del Paese” che ambite interpretare possa sempre esprimersi in modo compiuto e trovare ascolto.
A conferire autorevolezza sarà la capacità di tener fede ai decisivi impegni assunti in questi tempi difficili.
Punti fermi sono la garanzia dei diritti dei cittadini, che al Nord come nel Mezzogiorno, nelle città come nei paesi, nelle metropoli come nelle aree interne, devono poter vivere la piena validità dei principi costituzionali.
Fare bene il lavoro che ci è affidato è risolutivo per il domani delle nostre istituzioni e per il domani dell’Italia e dell’Europa
Auguri di buon lavoro!