Il primo appuntamento del Laboratorio Lab’Impact dedicato alla Mediazione Interculturale si è tenuto il 28 maggio, con l’intervento del prof. Gian Piero Turchi, Docente di Psicologia Clinica e Direttore del Master in Mediazione dell’Università di Padova. A lui il compito di approcciare un tema complesso come la mediazione interculturale, più attuale e strategico che mai in un momento storico come quello presente, in un modo originale e con un forte orientamento alla revisione critica della “forma mentis” con cui approcciamo il tema.
Oltre le “differenze culturali”: per una cultura della specie umana
Con un intervento dinamico e interattivo, portando contributi che sono il risultato di decenni di ricerca scientifica e interventi nei servizi, il professor Turchi ha smontato pezzo per pezzo i preconcetti utilizzati abitualmente nell’approcciare il tema dell’integrazione di chi è “altro” da noi. “Negli ultimi 10 anni il nostro Paese ha sicuramente assistito a un flusso migratorio importante. Ma la nostra specie ha sempre migrato, per natura: abbiamo colonizzato ogni parte del globo, nel corso dei secoli. Eppure, questi fenomeni recenti ci hanno colto di sorpresa. Perché? Perché (..) ci mette improvvisamente di fronte alla consapevolezza che non abbiamo una visione strategica del futuro della nostra specie”, spiega Turchi.
Sollecitati infatti a riflettere sull’etimo di “cultura”, scopriamo che fa riferimento al coltivare, al prendersi cura, ma anche al muoversi, vivere, concetti fortemente connaturati a tutta la nostra specie, che, per vivere, come ci dice la storia dell’umanità, deve interagire. Ogni volta che un membro della specie si muove ed entra in contatto con altri simili, di fatto genera cultura. Infatti, evidenzia Turchi, quelle che consideriamo “culture differenti”, sono, scientificamente, prodotti culturali peculiari che contraddistinguono persone di differenti aree geografiche. Assumere il presupposto unificante alla base del costrutto di cultura ci consente invece di vedere che è nelle possibilità di ogni membro della nostra specie non solo di interagire con gli altri a prescindere dalla diversità dei prodotti culturali, ma anche di contribuire responsabilmente a generare prodotti culturali comuni e condivisi.
“L’altro da noi” tra societas e communitas
Se quindi è così fondativo ciò che ci accomuna, come si spiegano i sempre più frequenti accenti estremisti, di rifiuto, di paura, che a ogni latitudine si manifestano nei confronti di chi migra? Per leggere questi movimenti Turchi fa riferimento ai costrutti di societas e communitas e all’interazione tra i due. Per la societas, che rappresenta l’insieme di regole esplicite e formali sintetizzata nello ius, nel diritto, ed orientata alla tutela dell’interesse di una collettività, il migrante costituisce un problema. In termini di status e di diritti connessi. “E il senso di pericolo che ci assale ogni volta che non abbiamo una legge a cui fare riferimento è dato proprio dal timore che senza questa, si generi il caos”. Viceversa, la communitas intesa come la massa di interazioni in continuo movimento, caratterizzata da regole informali, casuali, ed orientata alla ricerca di obiettivi comuni e condivisi, mette comunque in campo delle modalità per interagire tra i membri della specie che abitano un certo territorio. In questo senso “la communitas c’è sempre”, anche quando alla societas mancano gli strumenti di diritto per darle governo. Nell’incertezza che caratterizza le interazioni della communitas, giacciono quindi le possibilità di generare coesione o disgregazione sociale. E’ su questo piano che agisce la mediazione, come strategia per accompagnare la communitas a costruire o consolidare regole di interazione orientate alla coesione sociale.
Quale dunque l’implicazione metodologica per gli operatori di settore? La sollecitazione è di superare la logica della risposta al bisogno, che schiaccia sull’emergenza, per intervenire invece sulle interazioni, sviluppando la competenza di anticipare il prodursi di conflitti e controversie. Chiosando Turchi, solo una comunità coesa riesce ad avere cura anche dei bisogni di tutti i suoi membri.