Il rapporto tra italiani e pubblica amministrazione continua a versare in uno stato di crisi, tanto che il nostro Paese è agli ultimi posti in Europa per “interazione digitale” tra cittadini e uffici pubblici. A dirlo è l'ultimo rapporto Agi-Censis, presentato ai Digital Days di Napoli, che evidenza: scarsa conoscenza dei servizi, competenze digitali basse e forti “retaggi analogici” tra i fattori principali che bloccano l’interazione.
Nel 2018 solo il 24% degli italiani dichiara aver interagito con la PA per via telematica, contro il 92% dei danesi, il 71% dei francesi, il 57% degli spagnoli. Il valore medio nell’Unione Europea è del 52%. Peggio di noi solo Bulgaria e Romania.
Alla base, una sfudicia diffusa e consolidata
Più della metà della popolazione è tutt’ora convinta che il funzionamento delle strutture pubbliche non possa essere ritenuto soddisfacente. E' vero, le percentuali di insoddisfazione si riducono ma resta una radicata sfiducia nell'ente pubblico. Chi crede che la PA funzioni “molto male” passa dal 17,9% al 10,2%, chi “piuttosto male” dal 52,1% a 50,8%. Simmetricamente, aumenta la quota di chi si orienta su un giudizio moderatamente positivo (“piuttosto bene”) che passa da 24,3% a 33,2%. Le valutazioni improntate al maggior ottimismo (“molto bene”), però, rimangono del tutto residuali (3,1%).
La PA che vorremmo: leggera e poco invasiva
Dove deve andare, principalmente, il cambiamento? Le opinioni rilevate dicono verso una PA leggera e “poco invasiva”. Ci si augura un sostanziale ridimensionamento del pachiderma pubblico, con riduzione sia dei suoi costi che dell'impatto negativo della burocrazia dei procedimenti nel 38,2% dei casi. E proprio i dipendenti pubblici sono tra i più favorevoli all’opzione “ridimensionamento” (44,9% del totale). Una quota analoga di cittadini auspicherebbero un totale ripensamento, spostando l'attenzione dalle procedure interne alle reali esigenze dell'utenza (38,2%). Ad optare per una riforma che consenta al sistema pubblico di esercitare un reale traino sullo sviluppo del Paese, è la minoranza, con il 23,6%.
Sono in pochi a conoscere i servizi digitali
Soltanto il 5,7% dei cittadini ritiene che questo processo sia già maturo e che la semplificazione cercata stia effettivamente avvenendo. Gli sforzi fatti sono ritenuti del tutto insufficienti per l’8,1% della popolazione. Per il 15% circa dei cittadini i cambiamenti avvenuti sono persino fonte di ulteriori difficoltà complicando ulteriormente la vita di chi si trova a richiedere questi servizi.
Scarsa anche la conoscenza dei processi in atto. Manca una adeguata informazione relativamente ai servizi digitali già attivati dalla PA e del loro reale funzionamento. Soltanto il 9,2% si dichiara completamente informato mentre nel 53,4% dei casi l’informazione è carente o addirittura assente.
Il 37,4% dei cittadini, pur dichiarandosi sufficientemente informato, considera le difficoltà di accesso o di utilizzo dei servizi digitali in grado di annullare i lati positivi. Molto conosciuta la posta certificata (72,7%) e la fatturazione elettronica (65,6%), meno il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), conosciuto soltanto dal 41,8% degli italiani o il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) (32,2%).
Il ritardo digitale tutto italiano
Ma non è tutta colpa della PA: l’interazione digitale non decolla anche a causa dei “retaggi analogici” del nostro Paese: il 16% delle famiglie italiane non dispone di una connessione internet domestica (contro il 2% dell’Olanda, il 5% del Regno Unito e il 6% della Germania). Ancora oggi, il 32,2% di italiani “non si connette mai” a Internet. E se rispetto al 2008 si evidenzia un netto miglioramento nella connettività per i giovani e le classi d’età centrali, fra i più anziani la quota dei “non digital” è altissima. Supera il 60% nella classe 65-74 anni ed è vicina al 90% negli over 75. In termini assoluti le persone con più di 65 anni che non utilizzano internet sono quasi 10 milioni (quasi 4 milioni se si considerano esclusivamente i 65-74enni). (VV)