SEZIONE: ISTITUZIONI, ASSOCIAZIONISMO E RIFORME
Enti locali

Referendum Regionale: 4 Sindaci a confronto

3 Ottobre 2017
 

Si avvicina la scadenza del 22 ottobre, quando si terrà il Referendum Regionale per l'autonomia che interesserà i cittadini lombardi, e Strategie Amministrative ha messo a confronto le opinioni di 4 Sindaci in merito al quesito referendario.
Hanno risposto alle domande della nostra rivista i primi cittadini di Varese, Pavia, Sesto San Giovanni e Canegrate, che hanno espresso le loro diverse opinioni sull'iniziativa, come riportate di seguito e sull'ultimo numero della rivista disponibile online.
Continua intanto l'attività di Anci Lombardia a supporto dei Comuni. I materiali e le informative sono disponibili sul portale Anci Lombardia.

Davide Galimberti, Sindaco di Varese
Il testo del quesito referendario del 22 ottobre va certamente inquadrato all’interno di un più ampio insieme di iniziative di riforma del Paese iniziate con la riforma costituzionale del 2001. In tale contesto, è indubitabile che il quesito con cui si chiede ai cittadini lombardi di pronunciarsi sulla possibilità che la Regione Lombardia intraprenda tutte le iniziative istituzionali per dare attuazione al regionalismo differenziato si innesta dentro la prospettiva di  rafforzamento delle autonomie locali regionali, che la riforma del Titolo V del 2001 aveva prefigurato. Con l’attuazione della differenziazione si potrà avviare un itinerario che possa portare a riconoscere, con legge dello Stato, sulla base di una futura intesa tra lo Stato e la Regione Lombardia, peculiari condizioni e forme dell’autonomia politica regionale, per una Regione che oggettivamente ha una marcia in più rispetto a molte altre realtà del Paese e che deve competere con le aree territoriali più sviluppate dell’Europa.
Ma attenzione: il referendum convocato per il 22 ottobre da Regione Lombardia riguarda specificamente questa prospettiva. Si tratta di un referendum consultivo, che a mio giudizio si sarebbe potuto evitare. La Regione avrebbe potuto da tempo avviare con lo Stato la trattativa su cui richiede un mandato ai cittadini lombardi. Ma il referendum è ormai convocato. Quanto poi alla possibilità di trattenere nei territori quanto prelevato dal sistema tributario, punto sul quale si è sviluppata una facile demagogia, l’ordinamento - anche in caso di affermazione del si al referendum - non potrà ignorare l’equilibrio costituzionale tra autonomia e solidarietà, tra responsabilità e uguaglianza sostanziale in cui deve essere contemplata l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa per le Regioni. L’attuazione del regionalismo differenziato potrà invece consentire alla Lombardia la promozione della solidarietà sociale nella destinazione di risorse  aggiuntive e nell’effettuazione di interventi speciali in favore di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Il regionalismo differenziato con una significativa autonomia finanziaria può essere lo strumento che consente agli enti locali di programmare meglio gli investimenti ed i servizi nonchè di razionalizzare la spesa pubblica, tra centro e periferia. Può essere inoltre l’occasione di calibrare più puntualmente le politiche di alcuni settori strategici della Lombardia come ad esempio: i trasporti, gli aeroporti, l’istruzione la finanza pubblica ed il sistema tributario. Se l’esito del referendum sarà di segno positivo, tutta la partita si dovrà spostare sul piano più squisitamente politico dei rapporti tra Governo e Regione Lombardia in sede di intesa e di accordo, sentiti anche gli enti locali territoriali. 

Massimo Depaoli, Sindaco di Pavia
Il referendum del 22 ottobre configura una presa in giro perché si fa credere che sia in gioco un trattenimento di soldi in Regione quando invece l'articolo della Costituzione su cui il quesito si basa, il 116, focalizza le possibili richieste di maggiore autonomia delle Regioni sulle materie e solo secondariamente sulle risorse. Cioè le Regioni possono chiedere maggiori competenze e solo di conseguenza più soldi.
Ma Regione Lombardia, come le altre a statuto ordinario, ha quindi ora poche competenze? La risposta si trova nel successivo articolo, il 117, con un elenco che sarebbe troppo lungo riportare qui. E infatti Regione Lombardia da decenni legifera su una vastissima gamma di materie, con esempi anche meritori, quando fu la prima Regione a istituire il più grande parco regionale italiano oppure fece scelte sulla gestione dei rifiuti che la posero all'avanguardia  in Italia. Altri potrebbero essere esempi meno edificanti, come l'apertura di sedi in giro per il mondo. Per quali altre materie Regione Lombardia potrebbe invocare il trasferimento di competenze, posto che lo stesso articolo 117 riporta le competenze statali?
Ancora, siamo sicuri che sia giusto trasferire alle Regioni competenze su materie che invece impongono una visione su scala più ampia? Due esempi. Territorio: tutti noi possiamo portare testimonianza di come una autonomia spinta all'eccesso produca distorsioni. Alzino la mano i cittadini di Comuni che si sono trovati al confine del proprio abitato impianti impattanti dislocati invece ai margini dei confini del Comune vicino? Lo stesso per province o regioni.
Io amministratore colloco l'impianto che può dare problemi non in base a una programmazione su vasta scala,che non mi compete, ma in base a una valutazione utilitaristica costi-benefici per il mio territorio. 
Pensiamo che avere un sistema di istruzione differenziato regionalmente sia un valore, in un mondo in cui la dimensione internazionale della formazione e della ricerca sono ormai fortunatamente un dato acquisito per la "generazione Erasmus"? Pensiamo che lo splendido patrimonio culturale delle nostre tradizioni e dei nostri dialetti possa essere mantenuto vivo non da un senso di comunità vivo e partecipe ma da una polverizzazione dei sistemi formativi?

Roberto Di Stefano, Sindaco di Sesto San Giovanni
Sono fortemente favorevole al sì al referendum perchè attraverso questa consultazione la Regione e i Comuni della Lombardia avranno finalmente un forte peso contrattuale nei confronti dello Stato per cercare di trattenere in loco risorse e competenze che al momento sono gestiti lontano dai territori e dalle esigenze dei cittadini.
Riconoscere una maggiore autonomia alla Lombardia, che presenta un livello di virtuosità più alto dello Stato centrale, potrebbe permettere di avere nei nostri territori benefici consistenti in termini di Pil.
Purtroppo attualmente abbiamo uno Stato troppo invasivo, che limita le potenzialità, visto che la Lombardia è al top sia per eccellenza sanitaria sia per  oculatezza nella spesa ma questo non viene tenuto in alcuna considerazione. Il Governo taglia in modo indiscriminato e sconsiderato proprio con le realtà che sono un fiore all'occhiello per il Paese.
È necessaria una forte partecipazione affinché l’esito non possa essere ignorato da Governo e Parlamento. L’autonomia è doverosa e giusta e un successo del sì avrebbe un risultato positivo anche per gli Enti locali, come i Comuni, che vengono considerati, solo in negativo, dallo Stato. 

Roberto Colombo, Sindaco di Canegrate 
Le difficoltà in cui si trovano gli Enti locali sono toccate con mano tutti i giorni dagli amministratori locali. Noi Sindaci siamo lasciati spesso soli, in prima linea, ad affrontare i problemi di una crisi che persiste da anni in Italia.
In questo contesto cosa fa la Regione Lombardia? Butta via 50 milioni di euro per un referendum “consultivo”, cioè che non decide nulla, sull’autonomia. Con questi soldi potremmo soddisfare molti bisogni dei nostri concittadini.
È tra l’altro un referendum inutile perché già oggi il terzo comma dell’articolo 116 della Carta costituzionale consente alle Regioni di chiedere allo Stato competenze rafforzate con le ulteriori risorse nelle materie concorrenti (governo del territorio, previdenza complementare, sicurezza del lavoro, distribuzione nazionale dell’energia, istruzione, ordinamento sportivo e delle professioni…) e di quelle previste dal secondo comma dello stesso articolo (vale a dire giustizia di pace, ambiente, norme generali dell’istruzione…).
Il 4 dicembre 2016 la maggioranza dei cittadini lombardi, e io tra loro, ha chiesto di non stravolgere, ma di applicare la Costituzione vigente. 
Trovo profondamente sbagliato il messaggio lanciato con il referendum, cioè che bisogna andare di fatto verso Regioni a statuto speciale. Credo che invece oggi in Italia ci sia bisogno di ridurre le prerogative, soprattutto fiscali, delle Regioni a statuto speciale e non di estenderle a quelle a statuto ordinario.
Infine l’idea del referendum proposto dalla Lombardia e dal Veneto è quello di un federalismo competitivo fra le Regioni italiane lontano anni luce dai doveri di solidarietà economica e sociale sanciti dalla Costituzione repubblicana agli Enti locali con il disposto di cui agli articoli 2 e 5. 
E’ quindi evidente la natura propagandistica e plebiscitaria a questa consultazione che non sortirà alcun effetto concreto per le cittadine e i cittadini della Lombardia. È solo, purtroppo, una costosa mossa elettorale in vista delle prossime elezioni regionali. Per questo bisogna votare no o non partecipare al voto.

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