Come nasce e si sviluppa il circolo virtuoso del riciclo dei rifiuti? Cosa accade dopo il nostro dovere quotidiano di selezionare e consegnare correttamente i rifiuti al servizio pubblico? Hanno provato a rispondere a questa domanda Daniele Fortini e Nadia Ramazzini, forti di una decennale esperienza di indagine sul campo, nel volume "La raccolta differenziata" (Ediesse editore, 15 Euro). StrategieAmministrative.it ha incontrato l'autrice a Milano.
Dal suo libro emerge un quadro interessante della gestione della raccolta dei rifiuti in Italia. Come lo definirebbe?
La fotografia è di un’Italia frammentata, con tante eccellenze ma anche grandissime responsabilità, un Paese che non sa comunicare e mettere a fattor comune le buone pratiche consolidate. Un Paese a due velocità: un Nord che ha saputo per tempo dotarsi di politiche ambientali efficaci e di una filiera industriale adeguata che raggiunge ottimi risultati in termini di efficienza e recupero di materia ed energia dai rifiuti urbani e un Centro-Sud troppo dipendente dalle discariche e con una visione miope difronte alle opportunità economiche e di sviluppo che la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti potrebbe offrire.
Si parla spesso del confronto Italia - Europa in tema di rifiuti. Quali sono le tendenze emergenti nel contesto europeo?
Ogni anno il nostro Paese produce quasi di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di queste il 40%, ovvero 12 milioni circa, vengono interrate in discarica, si comprenderà quindi come ancora siamo lontani dall’applicazione della gerarchia della gestione dei rifiuti che l’Europa ci invita ad adottare, ormai da anni, applicando il principio della prevenzione, del riutilizzo, del riciclo e recupero. Le tendenze europee sono chiare: divieto di conferire rifiuti in discarica a partire dal 2025 e passaggio da una economia lineare ad una “circolare” dove i rifiuti non vengono seppelliti ma utilizzati per estrarne materia. L’obiettivo è dunque quello di produrre meno rifiuti e su biomateriali per la produzione di merci ed imballaggi facilmente riciclabili da una filiera industriale ecologica.
Differenziare equivale sempre ad aumentare il riciclaggio dei rifiuti? Quali sono i reali vantaggi di un simile metodo di raccolta dei rifiuti?
Differenziare i rifiuti è prima di tutto un gesto di civiltà e di responsabilità di ogni cittadino, ma è soprattutto l’innesco di un processo ben più ampio in cui “la raccolta differenziata” dei rifiuti urbani è strumento nevralgico per recuperare materiali riciclabili, rigenerarli e riusarli e, quindi, aumentare le potenzialità di effettivo riciclaggio di essi. I vantaggi sono strettamente legati all’obiettivo di intercettare la quantità massima di rifiuti senza trascurare la loro “qualità”: più le diverse frazioni sono omogenee per tipologia e caratteristiche più esse potranno essere avviate immediatamente e senza ulteriori costi alla filiera del riciclo e recupero.
Secondo la sua esperienza, come evolverà il settore dei rifiuti nel nostro paese? Come sarà possibile risolvere le criticità che permangono?
Oggi tutti gli italiani capiscono l’importanza di gestire correttamente i propri rifiuti, ma c’è ancora molto da fare, nell’educazione dei ragazzi come nella cultura delle imprese e c’è da combattere, soprattutto, la criminalità organizzata.
Credo che un salto di qualità lo si potrà fare solo quando si penserà alla gestione dei rifiuti con una visione nazionale unica che sappia concepire il ciclo dei rifiuti come una filiera industriale. Resta cruciale la dipendenza dalle discariche che potrà essere superata con scelte coraggiose e concrete volte a prevenire la produzione dei rifiuti e incoraggiare un’industria competitiva capace di generare beni e prodotti facilmente riutilizzabili. Essenziale è il coinvolgimento e l’informazione dei cittadini che, con istituzioni, politica e tecnica, possano trovare un confronto aperto dove tutti si sentano parte fondamentale di un unico processo virtuoso.