Sono oltre venticinquemila i migranti accolti in 136 diocesi in Italia. E in tre anni circa 2000 profughi sono stati salvati dai corridoi umanitari. Questi alcuni dei numeri dell’accoglienza della Chiesa italiana verso i migranti, raccontati dal quotidiano “Avvenire”, che evidenzia inoltre che l’accoglienza cattolica finora ha supportato il sistema dei Cas, i prefettizi Centri di accoglienza straordinaria, e per il 16% è entrata nel sistema Sprar gestito dal Viminale con i Comuni. Un sistema che funziona, quindi, e che impiega strutture diverse: canoniche, seminari, strutture ecclesiali, ma anche episcopi.
I corridoi umanitari
Le accoglienze effettuate da enti promossi da parrocchie e diocesi in convenzione con le prefetture e i Comuni vengono pagate a norma di legge, in accordo al concetto di sussidiarietà (art. 118 della Costituzione) con 35 euro al giorno che servono a coprire i costi del vitto e dell'alloggio e a pagare il personale non volontario, perlopiù italiano, che gestisce i servizi di assistenza nei centri. Ci sono poi circa 2.700 persone - tante quante ce ne sono nello Sprar, più o meno - e 500 in famiglie, accolte fuori dal sistema pubblico, ovvero assistite con fondi ecclesiali. E ci sono 2mila profughi giunti in tre anni con i corridoi umanitari ideati dalla Comunità di Sant'Egidio e aperti, in accordo col Governo: prima si sono sviluppati quelli dal Medio Oriente assicurati assieme alla Federazione delle Chiese evangeliche e alla Chiesa valdese con la collaborazione di diverse Diocesi cattoliche, e usati da profughi siriani vulnerabili in Libano. Poi quelli con la Cei dal Corno d’Africa per eritrei e somali nei campi etiopici. Oltre a loro sempre assieme alla Cei, tra dicembre 2017 e febbraio 2018 sono stati evacuati in collaborazione con Governo e Acnur 300 profughi detenuti nelle galere libiche, accolti a loro volta dalle Caritas diocesane.
L'accoglienza diffusa
Per quanto riguarda i corridoi umanitari, la formula scelta da Caritas italiana e Migrantes , i due organismi Cei coinvolti, è quella dell'accoglienza diffusa: famiglie o singoli vengono accolti in case della diocesi e di organizzazioni cattoliche e seguiti da volontari con una famiglia tutor. I costi sono a carico della Chiesa. Il progetto dura un anno durante il quale ai profughi viene garantito vitto alloggio e vestiario in cambio della frequenza scolastica per i minori e di corsi di lingua e formazione professionale per gli adulti. I profughi arrivati finora hanno presentato tutti domanda di asilo.