SEZIONE: TECNOLOGIA E INNOVAZIONE
PA CHE CAMBIA

Lo smart working piace sempre di più, anche alla PA

10 Dicembre 2018
 

In Italia prende sempre più piede lo smart working, anche nel settore pubblico: sfiora l'8% la percentuale di impiegati della pubblica amministrazione che ha scelto il lavoro agile e si stanno colmando a ritmi sempre più serrati i ritardi accumulati nei confronti del settore privato. A evidenziarlo è stato "Smart working, a che punto siamo nelle aziende e nella Pa", un convegno che si è tenuto mercoledì 5 dicembre alla Camera dei Deputati a Roma, in cui l'Associazione Italian Digital Revolution ha proposto e messo a confronto esperienze, casi concreti e testimonianze presentati da manager del settore pubblico e privato. 

L'esplosione nel settore privato
La legge che ha regolamentato lo smart working in Italia è del 2017. E stando alla ricerca realizzata dall'Osservatorio del Politecnico di Milano, il fenomeno è letteralmente esploso nell'impresa privata. In Italia sono 480 mila gli "smart worker", e sono in crescita soprattutto nelle grandi imprese (+20 per cento rispetto al 2017). Ancora più interessante è il fatto che quanti hanno scelto lo smart working sono mediamente più soddisfatti dei lavoratori tradizionali, sia per l'organizzazione del lavoro, sia nelle relazioni con colleghi e superiori. E un'azienda su due, tra quelle intervistate, conferma di aver avviato progetti di smart working.


I vantaggi dell'adozione dello smart working nella PA 
Il ritardo nell'adozione da parte della PA è curioso e anche un po' paradossale, dal momento che sono tanti e differenziati i vantaggi che deriverebbero dal passaggio a una forma di lavoro più agile. "Lo smart working è una buona filosofia manageriale di revisione dei modelli organizzativi - ha spiegato Marco De Giorgi, direttore generale del Dipartimento Funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Ci sono vantaggi per il singolo individuo che migliora la motivazione e il rapporto di fiducia con l'amministrazione e anche il proprio benessere. Ci sono vantaggi per l'organizzazione perché c'è un aumento della produttività e delle performance e una riduzione dei costi per l'organizzazione pubblica. E ci sono vantaggi anche per la collettività, per esempio con la riduzione dell'impatto ambientale per la riduzione del pendolarismo tra centro e periferia". "Purtroppo i dati dicono che - ammette De Giorgi - benché abbiamo un quadro normativo molto avanzato, nella Pa c'è ancora una applicazione marginale".
Come uscirne, allora? "Dobbiamo lavorare sul versante applicativo procedendo di pari passo con la digitalizzazione. Quello che vogliamo evitare nel pubblico, e per questo guardiamo con attenzione al settore privato, è di non incorrere in una visione riduttiva dell'istituto. Lo smart working sicuramente non è il telelavoro, non è solo per le donne ma anche per gli uomini, per gli over 50 ma anche per i giovani. E noi vogliamo rendere attrattivo il settore pubblico anche per loro che già da tempo vivono in modalità smart. Vogliamo attirare talenti nella PA”.
Prima però, come ha osservato Sergio Alberto Codella, segretario generale di AIDR, occore “superare alcune diffidenze legate soprattutto a una resistenza al cambiamento e al modo di pensare le organizzazioni sia pubbliche sia private in modo ancora tradizionale”. (VV)

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