SEZIONE: TECNOLOGIA E INNOVAZIONE
L'Esperto

Telelavoro o smartworking, quali criteri valutare

16 Marzo 2020
 

di Andrea Tironi, Area Progetti & Operations|, Consorzio.IT S.p.a.

 

 

Ipotizziamo che oggi arrivi un virus (#coronavirus) e che sia necessario far lavorare i propri dipendenti comunali da casa (telelavoro, un po’ diverso dallo smartworking che richiede anche un cambiamento culturale), cosa deve valutare un Sindaco?

 

Ecco di seguito i punti principali in ordine di importanza.

 

Telelavoro

 

 

Connettività: il dipendente comunale ha una connessione internet a casa?

Buona parte di noi hanno una connessione internet (adsl, fibra) flat a casa. Alcuni potrebbero non averla, allora si può fare riferimento allo smartphone, che può fare da hotspot (ovvero diventare lui stesso una modalità di accesso ad internet) anche per un pc che si ha a casa.
 

 

PC: il dipendente ha un pc a casa?

Qui le opzioni sono diverse. Il dipendente ha un suo pc e lo utilizzerebbe per scopi professionali? Oppure ha un portatile in comune e può portarlo a casa?

Se in Comune ha un pc desktop, allora bisogna considerare l’opzione portatile a casa, altrimenti può prendere il portatile dell’ufficio e portarlo a casa.
Su Consip è attiva una gara (alla data di scrittura di questo articolo) per i portatili che permette di acquistare portatili a costo nettamente migliore rispetto al mercato e sembrerebbe il Governo stia predisponendo incentivi per l’acquisto di portatili per la P.A.
 

 

Il telefono

Il cittadino è abituato a chiamare in Comune se serve qualcosa. Quindi è necessario che qualcuno risponda. Se il dipendente comunale ha un telefono di lavoro, è possibile girare le chiamate dall’interno telefonico sullo smartphone o cellulare di lavoro. Altrimenti va chiesta la disponibilità del dipendente a girare le chiamate sul telefono personale, o gli va recuperato un telefono su cui girare le chiamate. Quando le chiamate vengono girate dall’interno al numero sullo smartphone, tipicamente non si vede il numero sullo smartphone e quindi la privacy del dipendente e è comunque garantita.
 

 

Le Applicazioni

Assodato che il dipendente possa lavorare da casa (connessione + pc + telefono), e quindi verificato che alcune condizioni tecnologiche di base siano attive, si entra nel vivo di quello che può essere un ostacolo non superabile.

Le applicazioni dell’ente sono raggiungibili da remoto, ovvero sono in cloud? E’ possibile metterle in cloud?

Se si, ottimo. Se no, ci sono della altre soluzioni per risolvere la questione, come per esempio Vpn (canali virtuali cifrati) verso l’ente, oppure accessi in desktop remoto ai server. E’ importante, verificare puntualmente quali applicazioni siano raggiungibili da remoto, sia per l’emergenza vissuta che per quelle a venire e orientarsi su applicazioni in cloud, in modo da non avere problemi in futuro.

Se a oggi non si hanno applicazioni cloud, meglio iniziare a pensarci, una a una.
 

 

Le Applicazioni - La Posta

Tra le applicazioni, sicuramente una fra le più facili da mettere in cloud e più usate è la posta elettronica. Se la posta è leggibile da remoto, su smartphone e su pc, non c’è problema. In caso contrario è importante attrezzarsi subito affinché lo sia.

Ormai tenere in casa il servizio di posta è anacronistico, salvo casi di realtà di realtà complesse e articolate e forse anche qui si potrebbe ragionarci. Quindi è fondamentale migrare subito su un servizio cloud, in modo che la posta, in tempi normali e di coronavirus o di altre calamità (atmosferiche, terremoti ecc.) sia leggibile da qualunque dispositivo e ovunque.

Sul marketplace cloud di Agid ci sono diversi servizi che permettono questo. E di per sè la migrazione è una delle più semplici da realizzare.
 

 

Le Applicazioni - Collaboration (file server e calendari)

Fondamentale quando si lavora in remoto è avere strumenti di condivisione files e calendario, in modo da essere tutti allineati e poter lavorare sui documenti a più mani. Gli strumenti di collaboration più noti, disponibili anche su martketplace cloud, sono GSuite e Office365. Questi in particolare permettono di vedere calendari condivisi e lavorare insieme su files direttamente in cloud (ovvero con un semplice browser), in modo che da un lato non ci sia il problema di raggiungerli da remoto, tipico dei fileserver standard, dall’altro si crei una sincronizzazione perfetta dei files senza doversi mandare tra gruppi di lavoro le varie versioni.

La collaboration è un passo che, non solo aiuta il telelavoro, ma consente di accelerare il lavoro anche in ufficio, perchè permette di dimenticarsi delle varie versioni dei documenti, utilizzando un solo documenti su cui si può lavorare in tanti e avendo sempre l’ultima versione disponibile e di lavorare completamente nel browser e da qualunque posto.

Per le esigenze della maggior parte degli enti locali medio-piccoli, la collaboration inoltre può essere un valido modo, come detto, di mettere in cloud i fileserver e liberarsi dell’onere di gestione di questi oggetti, in continua crescita.
 

 

Le Applicazioni - I software di core

I software di core sono i software che fanno funzionare l’ente. Sono raggiungibili da remoto? Sono in cloud? Se la risposta a queste due domande è negativa allora è giunto il momento di farla diventare positiva, sentendo il proprio fornitore di riferimento sistemistico o direttamente la software house per capire costi, svantaggi e vantaggi. Il tutto a partire dal marketplace Agid.
 

 

Le Applicazioni - Portali rivolti al cittadino

Un quarto punto riguardante le applicazioni, è riferito all’interazione con il cittadino. Il cittadino è abituato ad andare in Comune per ogni cosa, perché andando allo sportello sa che la pratica verrà gestita in tempi rapidi e troverà qualcuno che lo saprà indirizzare nelle procedure.

Negli ultimi anni si sono diffusi sportelli virtuali (per esempio Suap) che permettono di presentare le istanze online. Ci sono anche servizi che permettono di presentare quasi tutte le istanze comunali da un portale, seguendo un iter prefissato. Questo può essere interessante sia in tempo di emergenza che in tempi normali, per ridurre il carico sugli uffici comunali a livello di sportello e permettere ai cittadini di presentare istanze digitalmente da dove vogliono e quando vogliono, e non necessariamente negli orari di sportello comunale. Tali strumenti non sono ancora molto utilizzati, da un lato perché i cittadini spesso non sanno che esistono, dall’altro perché le persone (soprattutto anziane) preferiscono ancora andare allo sportello. Questo perché si sentono “più sicure” ad andare di persona, in modo da poter fare tutte le domande del caso a voce, e hanno tempi certi di completamento della procedura, ovvero nel tempo che sono allo sportello, a meno della mancanza di qualche documento.
 

Smartworking

In aggiunta a tutto quanto sopra indicato (telelavoro), per fare smartworking servono alcuni elementi ulteriori.

 

Un accordo

Anche se al momento questa pratica è sospesa dal Governo per coronavirus, teoricamente per fare smartworking va firmato un accordo tra dipendente e amministrazioni che specifichi:

  • giorni di smartworking;

  • orari di aggiungibilità;

  • strumenti in uso;

  • altri aspetti giuslavoristici.
     

 

KPI (key performance index, ovvero indici di performance) e Monitoring (controllo del lavoro)

Questo probabilmente è il passo più articolato da fare per arrivare al vero smartworking.
 

 

Cambiare cultura, ovvero lavorare per obiettivi

Il lavoro che si quantifica e qualifica in ore lavorate è un modello di lavoro vecchio. Più ore straordinarie, più lavoro. Tuttavia, esserci non vuol dire lavorare: una persona può fare 10 ore al giorno e non produrre, o produrre male. Un’altra può fare 1 ora e aver prodotto davvero qualcosa di utile.

Nelle culture nordiche, fare straordinario è un segnale di allarme, per cui si viene chiamati dal proprio capo per capire se c’è un problema di processo (l’azienda ha sovraccaricato il lavoratore) o di persona (la persona non si sa gestire negli orari di lavoro). Nelle culture latine (come la nostra), invece, fare tante ore sembra ancora il modo per cui ci si “sente a posto” e di “aver dato il meglio”.

In verità bisogna passare a un cultura del valore. Ovvero: se lavoro 10 ore ma il valore prodotto è 0, non ho lavorato. Se lavoro 1 ora e il valore prodotto è 1, ho lavorato.


 

Questo ragionamento si riallaccia un po’ al discorso function point e task: se ho fatto una cosa, sono a posto. Non proprio. Se ho fatto una cosa e ho raggiunto lo scopo che mi ero prefissato (esempio aumentare del 30% le istanze presentare online, nell’arco del 2019) allora ho lavorato e raggiunto uno scopo definito. Se invece ho solo fatto il software che serviva ad aumentare la presentazione delle istanze online, ma poi questo non avviene, ho lavorato male e il lavoro non è servito allo scopo.

Questa è la differenza tra valore/risultato e lavoro fine a se stesso/function point.

Fare smartworking vuol dire quindi passare a una cultura di risultati e obiettivi, tralasciando le ore lavorate. E per sapere se ho raggiunto gli obiettivi e prodotto valore, questi vanno pensati prima e hanno bisogno di un sistema di monitoraggio che permetta di capire il mio lavoro cosa ha cambiato e come.


 

Tutti questi ragionamenti vanno fatti in tempi di “pace”, perchè in tempi di guerra è “difficile” fare un cambiamento così epocale, visto che si hanno già altri pensieri.

E’ il management comunale che prima di tutto deve occuparsi di queste analisi e questi ragionamenti, considerando che anche i dipendenti comunali hanno un costo e un tempo di lavoro, che, sebbene sia pagato dallo stipendio, è meglio allocare su attività ad alto valore aggiunto o dove è richiesta la specifica professionalità, che non su attività a basso valore aggiunto o poco efficaci per il servizio al cittadino.

Se libero una risorsa della ragioneria (grazie per esempio alla riconciliazione automatica in pagoPA) che invece di fare meri calcoli matematici e somme (valore basso, che potrebbe fare anche un robot) inizia a fare ragionamenti complessi su come sono i trend di spesa, su cosa si sta spendendo di più e cosa meno, perchè le spese stanno variando ecc. (valore alto), avremo prima di tutto impiegato meglio il suo tempo, su attività a maggior valore. Secondariamente avremo ottenuto risultati migliori (non semplici somme, ma magari riduzione della spesa e maggiore consapevolezza dello stato del bilancio comunale). Terzo , avremo probabilmente motivato di più il dipendente, che si sentirà meno calcolatrice e più essere umano.

 

Questo non è facile, ma può essere fatto, anche nella P.A.

 

Un progetto Europeo che ha portato (valore) alla generazione di un kit riutilizzabile per questo percorso è: https://www.smartworkingvela.it/. Per chi volesse approfondirlo, è il kit utilizzato anche nella nostra realtà per l’emergenza coronavirus.

 

Un sito che parla di smartworking che può essere interessante seguire è www.smartworkingpa.it.

 

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