C’è una parte dell’Italia che è “terra di nessuno”. Il 60% del territorio nazionale, dalle Alpi agli Appennini, isole comprese, è come una seconda Italia: sconosciuta, abbandonata, isolata. È l’Italia delle aree interne e delle terre alte, dove la vita è più difficile e lo Stato è più lontano, che si spopola da quasi un secolo e che sempre più si impoverisce e si degrada nei paesaggi e nelle comunità. E proprio questa terra di nessuno è stata al centro del Convegno Annuale FAI, organizzato a Parma il 15 febbraio 2020, alla presenza delle istituzioni e dei rappresentanti di comuni che hanno sviluppato pratiche virtuose per mettere un freno a questa, che rappresenta ormai una vera e propria emergenza.
"Resistono in pochi, cittadini isolati, spesso eroici, custodi di un eccezionale capitale di cultura, natura e umanità che la Repubblica - cioè tutti gli italiani - non tutela e non valorizza abbastanza, e che poco conosce. Eppure, se ogni cittadino avesse coscienza del proprio scampolo di sovranità sul Paese in cui vive, e facesse valere questa coscienza nelle forme di una partecipazione, le “terre di nessuno” tornerebbero a essere “patrimonio di tutti”: da scoprire e frequentare, da curare e tornare ad abitare", hanno spiegato gli organizzatori.
Sana autocritiche e pratiche virtuose, dalla bergamasca alla Sicilia
Tanti gli interventi importanti e densi di spunti, in cui non sono mancate anche critiche e ammissioni di colpa. Ilaria Borletti Buitoni, vicepresidente FAI, ha identificato come cuore del problema l’aver diviso i concetti di “paesaggio, territorio e ambiente che invece sono assolutamente legati. Separati nella gestione pubblica ma anche nella percezione individuale”. Insomma, è come se lo sviluppo non avesse mai preso in considerazione il contesto, che andava invece protetto e valorizzato. Come accaduto, per esempio, a Bàresi, una comunità montana nella bergamasca che ha deciso di investire nell'acquisto del Mulino Maurizio Gervasoni, un edificio del '600 sottoposto a vincolo dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, o Troina (Enna), in cui il sindaco è riuscito a sottrarre alla criminalità organizzata i 4 mila ettari di foresta donati alla popolazione nel 1062 dal re dei Normanni Ruggero I, restituendoli alla collettività e dandoli in gestione oggi a una cooperativa di giovani. Interessante anche quanto accaduto a Valzo, in provincia di Teramo: un privato ha donato al FAI 30 ettari di bosco, con tre edifici che verranno destinati a ospitare musei naturalistici e spazi per l'accoglienza dei turisti. (VV)