Con una sentenza depositata il 26 maggio 2014, la n. 2676, il Consiglio di Stato ha affermato che i commercialisti sono in possesso della “formazione ed esperienza professionale” necessaria a garantire l’adeguata professionalità richiesta per ricoprire incarichi di revisione negli Enti locali. E’ pertanto legittima l’ammissione nell’elenco tenuto dal Ministero dell’Interno prescindendo dall’iscrizione nel Registro dei revisori legali.
La sentenza è scaturita da un ricorso presentato dall’Istituto nazionale dei revisori legali, che chiedeva l’annullamento del D.M. 15 febbraio 2014 n. 23 (Regolamento adottato in attuazione dell'articolo 16, comma 25, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, recante: «Istituzione dell'elenco dei revisori dei conti degli enti locali e modalita' di scelta dell'organo di revisione economico-finanziario»), con la richiesta di riservare solo agli iscritti al Registro dei revisori la possibilità di iscriversi nell’elenco ministeriale.
L'Istituo sosteneva nel ricorso che la revisione negli enti pubblici non poteva essere tenuta distinta dalle funzioni di revisione legale esercitate presso soggetti di diritto privato. Inoltre, secondo l’Istituto, il riconoscimento dell’equipollenza tra commercialisti e revisori, risulterebbe lesiva del “canone della ragionevolezza e della salvaguardia dell’interesse pubblico alla funzionalità ed efficacia dell'organismo di revisione contabile degli enti locali”.
Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso, sottolineando che l’ammissione dei commercialisti negli organi di controllo degli enti locali non è lesiva delle garanzie di indipendenza, mettendone a rischio la funzionalità e l’efficacia.
Come detto, il Consiglio di Stato ha affermato l'adeguatezza della formazione ed esperienza dei commercialisti a svolgere le funzioni di controllo.