SEZIONE: FINANZA E TRIBUTI

Un nuovo stop alle gare del gas?

30 Maggio 2008
 
Come già avvenuto negli ultimi anni, anche questa volta la Finanziaria ha avuto premura di occuparsi dell’affidamento del servizio di distribuzione di gas. Il capitolo sull’esatta individuazione delle scadenze delle concessioni del gas sembrava chiuso ed ecco che il legislatore innesca la miccia di un nuovo dibattito sul tema. Per comprendere la vicenda è necessario ripercorrere brevemente le tappe della normativa in tema di gas, giacchè le specifiche disposizioni non si trovano in un unico corpo legislativo, come ci si auspicherebbe, ma sono sparse tra il Decreto Letta, la Legge Marzano, il Decreto Milleproroghe 2005 e da ultimo il collegato alla Finanziaria 2008. Il susseguirsi di tali norme ha già creato non pochi problemi ai Comuni che debbono comprendere quando e come avviare le tanto attese gare per l’affidamento del servizio, problemi ora acuiti con la Finanziaria 2008. Ma andiamo con ordine. Il regime delle scadenze ante Finanziaria 2008 può essere così riassunto. Le concessioni con scadenza prima del 31 dicembre 2009 seguono la scadenza naturale nelle stesse prevista. Quelle con scadenza dopo tale termine troveranno in esso la scadenza imposta dalla legge. È poi possibile, a mera facoltà del Comune, l’ulteriore proroga di un anno, in presenza di comprovate e motivate ragioni di interesse pubblico. Su tale impianto, che sembrava aver raggiunto un ragionevole quadro di chiarezza, è piombata la Finanziaria 2008, che, con il lodevole intento di regolare al meglio la materia, ha posto non pochi problemi, facendo sorgere dubbi anzitutto in ordine alla tempistica delle gare. L’art. 46-bis del D.L. n. 159/2007, convertito dalla L. n. 222/2007 e modificato dalla L. 244/2007 (Finanziaria 2008), ha previsto anzitutto che con decreto ministeriale da adottare entro tre mesi siano fissati i criteri di valutazione delle offerte in sede di gara. Posto che, come poteva ragionevolmente attendersi, il termine di tre mesi non è stato rispettato, ci si deve domandare se le gare possano essere bandite ugualmente. Alla domanda può darsi risposta positiva, giacché come accaduto in passato per altri decreti ministeriali, il ritardo nella loro emanazione non ha impedito lo svolgimento delle gare. A maggior ragione nel caso in esame in cui i criteri da porre a base di gara sono già abbondantemente regolati dalla normativa vigente e in particolare dall’art. 14 Decreto Letta. Un problema di “ambiti” Più complesso appare il problema dettato da un’altra previsione della Finanziaria laddove ha previsto che: • l’indizione delle gare avvenga per ambiti territoriali minimi individuati dal Governo; • la determinazione di tali ambiti avvenga entro un anno; • ciascuna gara venga bandita entro due anni dall’individuazione degli ambiti. Anzitutto si noti l’introduzione del concetto di ambiti che già molti problemi hanno creato al servizio idrico integrato e quindi non lasciano presagire nulla di buono, ma in questa sede ci concentriamo sull’impatto che possono avere sulle gare. L’attesa della definizione di tali ambiti può potenzialmente ritardare le nuove gare, visto e considerato che il Governo non ha ancora emanato il decreto attuativo. Si noti che il problema per il momento assume rilievo non tanto per i Comuni che devono comunque attendere il 31 dicembre 2009 (forse entro tale data gli ambiti potrebbero essere definiti), ma per quelli che hanno una concessione già scaduta, e se si riflette sul fatto che grazie alla gare potrebbero ottenere maggiori entrate, attraverso il canone di concessione, e migliori servizi per i cittadini, si comprende come non sia un problema di poco conto. A questo riguardo è necessario comprendere se la norma imponga ai Comuni l’obbligo di aggregarsi e di indire gare per ambiti territoriali minimi o riconosca solo una mera facoltà di aggregazione. Bisogna subito rilevare come l’art. 46-bis non brilla certo per chiarezza e non consente un’interpretazione univoca. Tuttavia, con buona pace dei dubbi che accompagnano una fattispecie come quella in esame, pare potersi propendere per la soluzione della facoltatività, poiché il ripetuto riferimento nella norma all’incentivazione all’aggregazione induce a ritenere che i Comuni possano scegliere se indire la gara singolarmente o sulla base di ambiti territoriali minimi, posto che se fossero obbligati a bandire la gara per ambiti territoriali minimi, non avrebbe senso prevedere incentivazioni che premiano l’aggregazione. Di conseguenza i Comuni che preferiscono instaurare la gara sulla base degli ambiti territoriali, potranno solo attendere la determinazione degli stessi. Gli altri Comuni potranno invece bandire la gara per il loro territorio. Un ulteriore argomento a favore dei Comuni che decideranno di procedere comunque alla gara si fonda sui dubbi di operatività dell’art. 46-bis in mancanza del decreto ministeriale. La giurisprudenza amministrativa ritiene infatti che l’applicazione di una norma legislativa che più che regolare la materia richiama il contenuto di un altro provvedimento, nel caso di specie un decreto ministeriale, non troverà applicazione fin tanto che la norma richiamata non viene emanata. In base a tale orientamento dunque l’art. 46 bis non troverebbe applicazione fino all’emanazione del decreto ministeriale. Trovandosi a un bivio, i Comuni devono evidenziare le motivazioni che li conducono nell’una o nell’altra direzione e in particolare dovranno tenere conto e comparare (a) le condizioni tecniche, di servizio agli utenti ed economiche, che potrebbero ottenere mettendo a gara immediatamente il servizio (b) con le medesime condizioni che invece potrebbero ottenere con una gara associata a seguito della determinazione degli ambiti territoriali minimi. Per gli elementi sub (a) si può prendere a riferimento i risultati delle procedure di affidamento del recente periodo, nelle quali si è assistito ad un’accesa competizione tra gli operatori che si è trasformata in buoni progetti di investimento sulle reti, sia in termini di sicurezza e che di innovazione tecnologia degli impianti, oltre che di cospicui canoni a favore dei Comuni. Tale circostanza induce a ritenere che la soluzione sub (b) potrebbe addirittura recare risultati migliori rispetto a quelli che si otterrebbero con le gare per ambiti territoriali rispetto alle quali si ha solo una mera aspettativa. Al di là di queste indicazioni che, crediamo, possano essere utili a inquadrare le problematiche in oggetto, l’augurio che ci possiamo fare è che il recente intervento legislativo porti a una maggior razionalizzazione del sistema e non si trasformi in uno sterile allungamento, come già successo con il decreto Milleproroghe, delle concessioni in essere.
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