SEZIONE: AMBIENTE, ENERGIA - TECNOLOGIA E INNOVAZIONE
RAPPORTO COOP 2018

Polarizzata e divisa è l'Italia della crescita ingiusta, secondo Coop

6 Settembre 2018
 

E' un'Italia polarizzata, divisa, in cui aumentano le distanze sociali interne e fanno capolino istanze del passato, come il neoprotezionismo commerciale e migratorio, la protesta anti-elite, vecchi e nuovi populismi, quella descritta nel Rapporto Coop 2018. Un appuntamento che ormai è molto più di una raccolta di dati dedicata a chi segue trend e sviluppi della grande distribuzione: nell'indagine redatta dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop  con la collaborazione scientifica di REF Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen, e i contributi originali di Iri Information Resources, GFK, Demos, Nomisma. Pwc, Ufficio Studi Mediobanca, si racconta il Paese di oggi e si immagina quello di domani, attraverso i suoi stili di vita, i cambiamenti nel mondo del lavoro, le abitudini di consumo, l'attualità. Inevitabile per i dirigenti presenti - Albino Russo, Direttore ANCC-Coop, Stefano Bassi, presidente Ancc-Coop e Marco Pedroni, presidente Coop Italia - inquadrare la presentazione milanese nello scenario dei temi più caldi della nostra politica, perchè ad essi un'analisi di questo genere e le sue possibili prospettive future sono inestricabilmente legati.


Una ripresa lenta, una crescita ingiusta
In Italia la ripresa è sempre più lenta: +1,2% la variazione attesa del Pil nel 2018 contro 1,5% effettivo del 2017. E quel che è peggio, va a vantaggio di pochi, non risolleva le sorti della classe media e addirittura spinge ancora più in basso le condizioni delle famiglie in maggiore difficoltà. In sostanza chi è povero rimane tale: il 62% degli italiani che si trova nel 20% inferiore nella distribuzione del reddito è tale anche dopo 4 anni, una percentuale superiore di 5,5 punti percentuali rispetto alla media dei 36 Paesi Ocse. "Impossibile continuare a fare finta di nulla", osserva Pedroni. "Serve una misura contenitiva del fenomeno, che sia il reddito di cittadinanza, o quello di inclusione", precisa Bassi. 


I consumi continuano a ridursi
Non sorprendono, quindi, i dati non incoraggianti sui consumi. L’Italia del 2017 resta il fanalino di coda in Europa con una riduzione dei consumi delle famiglie rispetto al 2010 di oltre il 2% (-2,2%) a fronte di un solido +12,7% tedesco, di un +10,2% francese e di una sostanziale stabilità spagnola (0,1%). E anche nell’ultimo anno il dato italiano (+0,7%) è il più basso tra le grandi economie europee. Le famiglie benestanti spendono 4 volte di più rispetto a quelle con bassa capacità di spesa e tra una famiglia trentina e una calabrese il differenziale all’anno è pari a 17.000 euro. "Possiamo paragonare l'Italia dei consumi di oggi a gli Usa, nel 1993", spiega Russo. "Possiamo parlare, al massimo, di ripresa pellicolare, appena positiva. Ma il vero problema non è nemmeno la crescita contenuta, quanto la sua intrinseca ingiustizia. Tutto questo aggrava e sclerotizza le già ampie distanze sociali, economiche e geografiche del Paese". In sostanza chi è povero tale rimane: il 62% degli italiani che si trova nel 20% inferiore nella distribuzione del reddito è tale anche dopo 4 anni, una percentuale superiore di 5,5 punti rispetto alla media dei 36 Paesi Ocse.


Sempre più green nella coscienza, sempre più attenti nelle scelte salutistiche
Quanto a coscienza verde, gli italiani non sono secondi a nessuno: 9 su 10 ritengono che vivere in un ambiente salubre è condizione fondamentale per conseguire un'elevata qualità della vita (83% in Francia e solo 72% in Germania). E così, nel carrello, i prodotti ecologici e responsabili hanno raggiunto nel primo semestre 2018 quota 2 mld di euro nelle vendite (contro i 3,6 mld di tutto il 2017).  
Più responsabilità e più attenzione alle scelte si registrano anche nel campo delle decisioni alimentari, orientate al salutismo: primi per spesa alimentare in Europa e nel mondo (19% la quota di spesa destinata a cibo e bevande, il massimo dell’ultimo decennio), sono stati anche precursori di una dieta bilanciata e salubre e ancora oggi privilegiano gli acquisti di frutta e verdura (+ 8,6% la crescita a volume dell’ortofrutta confezionata), pane e cereali rinunciando sempre più a zuccheri e grassi. Ma se il carrello della “salute” cresce ancora nel primo semestre di un +2,3%, non si può ignorare che era il +5% nel 2017. E anche tra vegetariani e vegani che fino a poco tempo fa sembravano essere un trend dominante in fatto di cibo, compaiono i primi pentiti: a fronte di un 8,3% ancora allineato, il 9,7% dichiara di esserlo stato e di averci rinunciato. 


Politici e cibo, la rabbia e l'orgoglio
Ci si perdoni la citazione Fallaciana, ma di fatto i politici, in particolare al Nord, sono i primi catalizzatori della rabbia della maggioranza della popolazione (e non gli immigrati, come alcune forzature populiste potrebbero far pensare). Il 51% della popolazione, comunque, mostra diffidenza verso "gli stranieri" (rispetto al 38% dei francesi, al 35% dei tedeschi, al 26%  degli spagnoli). Eppure l’immigrazione vale per l’Italia 7,2 miliardi di Irpef versata e un Pil di oltre 130 miliardi di euro (è la 17esima economia in Europa non lontana dalla Grecia e prima dell’Ungheria).
Di contro, è il cibo che cattura l'attenzione emotiva della popolazione. E con orgoglio, quando è italiano, lo si difende e lo si apprezza: il senso di appartenenza continua a indirizzare i consumatori italiani verso prodotti italiani (+3%), privilegiando i piccoli brand (+4,3%) alla grande marca. Solo l’apposizione della scritta “100% italiano” fa schizzare le vendite di un +9%.
Ma in questo amore diffuso, c'è un catalizzatore di vera e propria passione: è il food delivery. Sono 4,4 i milioni di italiani che hanno usato almeno una volta il servizio di consegna di pasti a domicilio. Solo nei primi tre mesi del 2018, 3,5 milioni di italiani (+ 80% rispetto al 2017) vi sono ricorsi e sono cresciuti del 34% gli acquisti alimentari on line nei primi 6 mesi dell’anno.
Internet e la tecnologia digitale sono ancora in cima ai pensieri degli italiani che però mostrano una maggiore consapevolezza nel loro uso. Un italiano su 3 riconosce di aver contratto una forma di dipendenza dal suo smartphone (peraltro i consumi continuano a crescere: + 3,6 %). E sui social  Whatsapp ha superato la ben più affollata Facebook (82,9% vs 68,8% la percentuale di utilizzo quotidiano).

Per la Gdo, un ruolo sociale 
Cosa si può e ci si deve aspettare, da un'insegna come Coop, dalle sue migliaia di soci che ogni giorno si confrontano con uno scenario dinamico, complesso e imprevedibile? Un'assunzione di responsabilità perchè non stiamo solo vendendo prodotti", spiega Pedroni. "Noi non siamo un partito, non facciamo politica, ma intendiamo diffondere consapevolezza su temi che riguardano tutti, prima che come consumatori, come italiani: la legalità, per esempio. Noi abbiamo rinunciato a 11 contratti di fornitura, quando abbiamo scoperto che non rispettavano le condizioni di tutela dei lavoratori che richiediamo e potevano in qualche modo favorire forme di caporalato. Per questo ci sentiamo di rimandare al presidente di Coldiretti Moncalvo l'accusa generalizzata mossa alla gdo di voler solo fare profitto. Non siamo tutti uguali, noi operatori del settore: solo impegnandosi nella diffusione di buone pratiche - nelle tecniche di produzione, nella tutela dei lavoratori, nell'appello alle istituzioni perchè colmino le diseguaglianze sociali, come facciamo da sempre - potremo davvero dirci degni protagonisti dello scenario sociale in cui operiamo", ha concluso Bassi. (Valeria Volponi)

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