Fondazione Openpolis ha pubblicato il rapporto Fuori dal comune 2018 - Lo scioglimento dei consigli comunali in Italia da cui emergono una serie di dati allarmanti sullo stato della legalità nei comuni italiani: dal 2001 al 2017, per esempio, una media di 170 comuni sono stati commissariati ogni anno, circa il 2% dei quasi 8mila comuni italiani. I commissariamenti, cioè l’intervento dell’apparato pubblico nelle abituali dinamiche di rappresentanza democratica, sono uno strumento per valutare lo stato di salute delle istituzioni locali. Analizzando i dati di questa materia è possibile far emergere alcuni dei mali che affliggono i comuni del nostro paese: dalle infiltrazioni mafiose ai pluri commissariamenti, passando per l’incapacità di svolgere regolarmente elezioni democratiche.
Per quali motivi si arriva al commissariamento
In Italia un comune, infatti, può essere commissariato per 4 motivi: persistenti violazioni di legge (art. 141 del Tuel); la mancata approvazione del bilancio (art. 141 del Tuel); il mancato funzionamento degli organi (possibilità che può riguardare o il sindaco con dimissioni, decadenza, sfiducia e decesso o i consiglieri con dimissioni di massa o impossibilità di surroga); per persistenti e influenti infiltrazioni della criminalità organizzata.
Altre opzioni invece riguardano il funzionamento delle elezioni. I Commissari possono infatti essere chiamati a operare in un comune quando non vengono presentate liste elettorali, quando non viene raggiunto il quorum alle elezioni, o quando la tornata elettorale viene annullata per irregolarità.
Comuni italiani: le situazioni più preoccupanti
Il comune di San Luca, città calabrese in provincia di Reggio Calabria, è senza sindaco da 1.963 giorni, cioè dal 17 maggio del 2013, giorno in cui il consiglio è stato sciolto per ingerenze della criminalità organizzata. Dopo la proroga del commissariamento nel 2014, per 3 tornate elettorali consecutive, ultima in ordine di tempo le amministrative 2018, non sono state presentate liste elettorali. Dei 99 comuni attualmente commissariati, 4 lo sono perché per ben 2 volte di fila non si è riuscito a svolgere regolarmente un’elezione. Insieme a San Luca abbiamo infatti Austis e Magomadas in Sardegna, e Rodero in Lombardia.
I consigli comunali di Bova Marina e Platì, entrambi in provincia di Reggio Calabria ed attualmente commissariati per ingerenze della criminalità organizzata, sono stati sciolti già 3 volte dal 2011 ad oggi. Il fenomeno dei "ricorrenti" è altrettanto preoccupante: tra il 2011 e il 2017, 133 comuni sono stati commissariati più di una volta, e oltre il 70% di essi sono al sud. Un dato che evidenzia le difficoltà di alcuni territori di uscire in maniera sana da provvedimenti di scioglimento, rimanendo spesso incastrati in anni di gestione straordinaria dei prefetti. Trentasei dei 133 comuni in questione sono in Campania, il 27% del totale e soprattutto il 6,55% dei comuni regionali. Ventisette invece i comuni calabresi e 24 quelli pugliesi.
Commissariamento e rapporti con le istituzioni politiche
Con l’arrivo del governo tecnico guidato da Mario Monti i commissariamenti sono aumentati del 26%, passando dai 169 del 2011 ai 213 del 2013. I numeri poi con l’inizio della XVII sono iniziati a scendere: nel 2014 (primo anno pieno della legislatura) è stato registrato il dato più basso di comuni commissariati tra gli anni presi in esame. Nei successivi tre anni (2015, 2016, 2017) i numeri sono cresciuti, ma rimasti comunque ampiamente sotto la media degli anni precedenti.
Un fenomeno costante ma non uniforme
Se i commissariamenti avvengono in modo costante, la stessa uniformità di dispersione non si può dire per le regioni che sono state coinvolte. Oltre il 50% dei commissariamenti dal 2001 ad oggi hanno riguardato comuni del sud Italia, un dato che nel 2017 si è persino spinto oltre il 60%. Regione più coinvolta è stata la Campania con 533 commissariamenti, il 18,70% dei provvedimenti registrati. Molto distanziate le altre regioni che guidano la classifica: Lombardia con 378 provvedimenti (il 13,26% del totale), la Calabria con 355 (12,45%), Puglia con 267 (9,37%), Piemonte con 255 (8,94%) e Lazio con 231 (8,10%).
Qualche considerazione: i comuni del centro Italia, numericamente di meno, sono stati storicamente meno coinvolti dal fenomeno, rappresentando in media il 13% dei commissariamenti annui. Più alte invece le percentuali del nord e del sud Italia, incluse le isole.
Significativo sotto quest’aspetto il fatto che dal 2010 ad oggi i dati del nord Italia siano in crescita, segnando, almeno dal punto di vista generale, un leggero cambio di tendenza. Tra il 2001 e il 2009 l’incidenza dei comuni del nord sul fenomeno (percentuale di comuni del nord sul totale di quelli coinvolti) era in media del 31,21%, dal 2010 ad oggi la percentuale è salita al 35%. Di riflesso l’incidenza dei comuni del sud e isole è passata dal 56% al 51%.
La grande differenza territoriale però riguarda l’incidenza del fenomeno all’interno delle singole regioni. In media la percentuale di comuni italiani coinvolti dal fenomeno anno dopo anno è stata intorno al 2%, nelle regioni del sud il dato è stato 3 volte tanto. Nel 2017 il 6,98% dei comuni pugliesi è stato commissariato, il 6,44% di quelli calabresi e il 5,82% di quelli campani. Molto più bassa la percentuale per le altre regioni maggiormente coinvolte dal fenomeno: Lazio (2,91%), Lombardia (1,12%) e Piemonte (0,67%). Se da un lato in tutt’Italia vengono sciolti consigli comunali, l’incidenza del fenomeno nelle regioni del meridione è molto superiore.
I commissariamenti per incapacità di approvare il bilancio
In media i comuni sciolti per incapacità di approvare il bilancio sono stati 6 all’anno, ma dal 2016 ad oggi i numeri sono stabilmente in doppia cifra: 10 nel 2016, 16 nel 2017 e già 12 nei primi 8 mesi del 2018. In neanche 3 anni sono stati registrati il 31,40% dei casi dal 2001 ad oggi. L’incidenza della fattispecie sul fenomeno è ora evidente, considerando che per la prima volta sia nel 2016 che nel 2017 i commissariamenti per incapacità di approvare il bilancio hanno superato il 10% dei casi annuali.
I commissariamenti per mafia
Ancora più significativa la crescita di comuni commissariati per mafia. Dal 2001 al 2016 hanno rappresentato generalmente circa il 6% dei provvedimenti annui. Nel 2017 sono stati il 14,19%, e nel 2018 sono saliti al 15,97% dei commissariamenti. Mai dal 2001 ad oggi l’incidenza dei commissariamenti per mafia è stata così alta sul totale dei decreti.
Se fino al 2012 l’apporto del resto d’Italia è stato vicino allo zero, dal 2012 in poi le cose sono andate diversamente. Il 2017 ha infatti registrato la percentuale più alta di commissariamenti per mafia al di fuori di Calabria, Sicilia e Campania, arrivando al 14,29% del totale. Oltre a una crescita del fenomeno in Puglia infatti, possiamo notare come i provvedimenti nel resto del paese da inesistenti, stiano diventando gradualmente una variabile presente. Dal 1991 ad oggi 59 comuni sono stati sciolti per mafia più di una volta: 24 di essi si trovano in Campania, 24 in Calabria e 11 in Sicilia. Tra questi, abbiamo 16 casi in cui i commissariamenti per ingerenza della criminalità organizzata sono stati 3: 6 si trovano in provincia di Reggio Calabria, 4 di Caserta, 2 di Napoli, 2 di Vibo Valentia, 1 in provincia di Catanzaro e 1 di Palermo. (Valeria Volponi)