SEZIONE: TERRITORIO E SVILUPPO LOCALE - ISTITUZIONI, ASSOCIAZIONISMO E RIFORME
FUSIONI

Alta Val Seriana il 20 novembre al voto per l'unione tra comuni

16 Novembre 2016
 

E' il 20 novembre la data in cui i cittadini di Rovetta, Fino del Monte, Onore, Songavazzo e Cerete dovranno decidere se mantenere lo stato attuale o passare al comune unico. Il dibattito è accesissimo, intorno a un progetto nato dall’unità di intenti dei sindaci interessati - Cinzia Locatelli, di Cerete; Matteo Oprandi, di Fino del Monte; Angela Schiavi, di Onore; Stefano Savoldelli, di Rovetta; e Giuliano Covelli, di Songavazzo - ma che sta trovando anche molta opposizione.

 

Cosa succede con la fusione
L’obiettivo del progetto è far nascere un nuovo Comune di 8.440 abitanti, che si estenderebbe su un territorio di 67,6 chilometri quadrati, più grande di Clusone e di Castione della Presolana (i maggiori della zona), in cui tutti i centri abitati coinvolti dalla fusione si troverebbero in un raggio di 2 chilometri e mezzo. Ancora da decidere il nome, tra le sei ipotesi sul tavolo: Borghi Borlezza, Borghi Presolana, San Narno, Larna, Valborlezza o Valleggia.

 

Le opinioni a favore del sì
I primi cittadini a favore del Sì hanno messo, nel 2015, nero su bianco le loro intenzioni di fusione e dal dicembre scorso a febbraio si sono riuniti per ben 9 volte in assemblee pubbliche con la popolazione. "Per noi la fusione porterà a benefici economici molto importanti - afferma il primo cittadino di Rovetta Stefano Savoldelli. Innanzitutto vanno considerati gli incentivi che lo Stato eroga ai comuni che approdano a un progetto di fusione. Vengono inoltre garantite posizioni di privilegio nei bandi per la richiesta di fondi. Il Comune di Sant’Omobono, ad esempio, ha potuto beneficiare di contributi consistenti su due misure della polizia locale proprio grazie anche alla posizione di privilegio in quanto comune fuso. Ci saranno indubbi risparmi che sono stati certificati dai comuni che sono addivenuti a una fusione negli anni scorsi. Lavorare per cinque-sei enti (sei se si conta anche l’Unione dei Comuni della Presolana) non è come lavorare per un unico comune: significa avere a che fare con cinque bilanci al posto di uno, cinque sindaci al posto di uno. In tal senso possiamo portare altri esempi come le spese legate alla revisione dei conti, tesoreria, assicurazioni, canoni, consulenze per il mantenimento dei servizi informativi: un risparmio indubbio per gestire un ente al posto di sei".
Savoldelli invita anche alla riflessione sulla macchina amministrativa: "Ora abbiamo molti responsabili di una stessa area e, oltre alla semplificazione e possibilità di specializzazione di dipendenti di un’area comune, potremo avere risparmi anche per quanto riguarda l’indennità. I costi della politica sono definiti da un decreto ministeriale, se facciamo la sommatoria delle indennità percepibili attualmente abbiamo una somma massima di 136.000 euro, se analizziamo il costo per il comune unico la spesa si attesta a 102.000 euro. Bisogna tuttavia anche considerare che i costi della politica non sono solo le indennità, ma sono anche i rimborsi spesa che dipendono dal numero di persone che richiedono questi rimborsi. Se consideriamo le indennità e i costi per la propria attività politico amministrativa, possiamo immaginare che un sindaco costi meno di cinque".

Le ragioni del No
Il fronte del “no” ha evidenziato nei mesi scorsi gli aspetti critici legati alla soppressione di questi cinque Comuni. A portare avanti la “battaglia” sono le minoranze di Rovetta e Cerete, unici paesi nei quali dei consiglieri si sono apertamente schierati contro il progetto. A guidarlo ci sono Mauro Bertocchi, capogruppo di minoranza a Rovetta, Paola Rossi, capogruppo di minoranza a Cerete, e i consiglieri Ezio Seghezzi, Mauro Marinoni (ex sindaco di Rovetta) e Carlo Gosio (ex vicesindaco di Cerete). Le loro motivazioni? Innanzitutto relative alle risorse economiche: secondo loro conteggi, l’aumento della dimensione del Comune farebbe passare i costi della politica dagli attuali 80mila euro a circa 100mila, senza risparmi nemmeno sulle spese di gestione, perché le sedi dei vari municipi, scuole, asili e biblioteche rimarrebbero intoccate e dunque con essi i costi. Auspicano dunque collaborazione tra i paesi, ma non la fusione.

 

L’opinione degli abitanti dei singoli paesi è fondamentale: affinché il progetto vada in porto, infatti, è necessario che il “sì” vinca nei referendum (senza quorum) indetti in ognuno dei 5 Comuni. Se anche in uno solo a vincere fosse il “no”, tutto si bloccherebbe. Nel caso in cui gli abitanti si esprimessero invece favorevolmente, a quel punto un commissario prefettizio, coadiuvato dai cinque sindaci, traghetterà le Amministrazioni sino alla tornata elettorale dell’aprile-maggio 2017, quando verrà scelto il sindaco del nuovo Comune unico.

 

(VV)

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